VIAGGIO IN EGITTO: LA SFIDA DEL PAPA A GUERRE E TERRORE

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Ottocento anni dopo, un altro Francesco torna in Egitto per cercare di costruire ponti di pace con l’islam. E’ il gesuita argentino Jorge Mario Bergoglio asceso al Soglio di Pietro la sera del 13 marzo 2013, il primo Pontefice ad assumere il nome del Poverello di Assisi, S.Francesco, universalmente riconosciuto come il santo della pace e della difesa del Creato.

Papa Bergoglio si recherà in pellegrinaggio al Cairo sulle orme dell’analogo viaggio fatto nel 1200 da S. Francesco per incontrare il Sultano d’Egitto. Otto secoli separano i due eventi, ma sono intimamente legati da analoghi sentimenti, finalità, speranze, voglia di incontro e dialogo.

Il Papa che sfida le guerre

Lo sa bene il Pontefice che ha avuto il coraggio di affidare il suo ministero in tutto e per tutto, nei gesti, nelle parole e negli esempi, a S. Francesco, a partire dalla difesa della pace, dall’opzione preferenziale per i poveri e della promozione del dialogo interreligioso. E il viaggio in Egitto va proprio in questa direzione, malgrado i venti di guerra non cessino mai di seminare morti e distruzioni, come è avvenuto la sera del 20 aprile scorso a Parigi (una delle capitale europee maggiormente prese di mira dal terrorismo islamico), ad Aleppo durante le festività pasquali, ma anche nei giorni precedenti con attentati terroristici di sedicente matrice islamica in Egitto, a Stoccolma e a Londra.

Viaggio difficile

Ma bombe, attentati, minacce di morte non fermeranno il pellegrinaggio di pace di Bergoglio. E, tantomeno, comprometteranno “tutti gli sforzi necessari che ogni uomo di buona volontà è chiamato a mettere in pratica”, assicurano in Vaticano dove – concluse le celebrazioni della Pasqua durante le quali Papa Francesco sia alla Via Crucis del Venerdì Santo che nel messaggio Urbi et Orbi della domenica pasquale ha fermamente condannato signori della guerra e mercanti di armi – l’entourage del Papa ha preparato il viaggio in Egitto. Paese per il quale il Santo Padre, dopo gli attentati della Domenica delle Palme contro la comunità copta, ha elevato una una preghiera “al Signore affinché converta i cuori di chi semina terrore”, ricordando che “Gesù è sempre vicino a chi soffre per guerre e terrorismo”.

Come il Santo d’Assisi

Parole che testimoniano la grande spontanea vicinanza del Pontefice alle sofferenze delle vittime di di tutti i conflitti, dei cristiani perseguitati e degli egiziani copti che sicuramente avrà una vasta eco anche in questi. Un viaggio pastorale tra i più difficili e delicati che Jorge Mario Bergoglio – “senza farsi condizionare da bombe ed attentati”, assicurano in Vaticano – farà sotto i riflettori di tutto il mondo, aggrappandosi simbolicamente alla forza, alla volontà e alla determinazione che dimostrò S. Francesco quando nel settembre del 1219 – dopo due primi tentativi falliti di arrivare in Terra Santa – fu accolto a Damietta, a pochi chilometri dal Cairo, dal Sultano d’Egitto Malik al Kamil, col quale ebbe un lungo fraterno colloquio incentrato sul dialogo e sulla reciproca curiosità di conoscenza, mentre erano in corso le guerre tra crociati e musulmani.

Pace e fratellanza

Due viaggi – quello del Santo di di Assisi e quello del Papa regnante -, che denotano quanto grande sia il feeling di “pace e fratellanza” che c’è tra i due Francesco, come ricorda in una nota-appello all’indomani delle recenti stragi terroristiche padre Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento di Assisi, dove milioni di pellegrini ogni anno si recano per pregare. “E’ guerra. E’ strage su strage – lamenta – fermare la violenza è compito di tutti. E da Assisi si eleva il grido di preghiera per tutti coloro che in questo momento soffrono. L’auspicio è che prevalgono le ragioni della pace”. Ragioni che saranno “necessariamente” al centro del viaggio egiziano del Papa.

Il dialogo con l’Islam

Il nuovo pellegrinaggio papale è reso più necessario di fronte all’escalation degli attentati terroristici in Europa e in Oriente, e ai venti di guerra nucleare che soffiano lungo i confini coreani. Una missione che Bergoglio intende “utilizzare” anche per rilanciare il dialogo con i Paesi musulmani 11 anni dopo la lectio di Benedetto XVI all’università di Ratisbona. Discorso durante il quale l’allora Pontefice  avvertì, tra l’altro, che il dialogo interreligioso, “se si vogliono evitare gli errori della storia”, non va fatto con la spada, ma solo e semplicemente con la parola e il rispetto reciproco. Espressioni quasi scontate, ma che – a causa di approssimazioni e pregiudizi da parte dei componenti più radicali del mondo musulmano – furono giudicate offensive dagli islamici più estremisti e diedero vita ad ondate di proteste che portarono alla crisi dei rapporti tra Chiesa cattolica e Islam del complesso scacchiere mediorientale. Dopo il discorso di Ratisbona, la diplomazia vaticana col primo viaggio di Papa Francesco in Egitto – anche se nel programma ufficiale non se ne fa cenno – punta anche a ricucire lo strappo del 2006, con due giorni di incontri con le più alte autorità musulmane e civili. Attesissima la visita all’università di Al-Azhar, la storica sede di studi islamici sunniti, dove il Santo Padre sarà accolto dal Grande Imam Amhad Muhammad Amhad al-Tayyid. Altrettanta grande attesa c’è, naturalmente, per l’incontro col papa Copto, Tawadros, sfuggito per miracolo all’attentato alla chiesa di Alessandria.

Caso Regeni

Il Papa, infine, forse potrebbe farsi portavoce anche delle richieste di verità sull’assassinio del ricercatore italiano Giulio Regeni, ucciso misteriosamente lo scorso anno in Egitto dopo essere stato arrestato dalla polizia locale su denuncia di un sindacalista-spia. Lo hanno pubblicamente chiesto i genitori di Regeni a Bergoglio, invitandolo a farsene carico durante l’incontro con le autorità civili egiziane. E’ una speranza, anche se del giovane Regeni non c’è traccia nel programma ufficiale del viaggio. Ma con Francesco tutto è possibile e sorprese impreviste sono sempre all’ordine del giorno.