Usa, la terribile scelta dell’eutanasia di Brittany Maynard

eutanasia

Ha un cancro incurabile al cervello e ha pochi mesi di vita da trascorrere tra atroci dolori: Brittany Maynard, americana di 29 anni, ha scelto l’eutanasia. E’ fissata per il 1 novembre, la fine della sua vita: il giorno dopo il compleanno del marito, che vuole festeggiare. Brittany ha già subito un’operazione e seguito un ciclo di cure, ma il tumore è tornato, ancora più aggressivo: i medici le hanno dato 6 mesi.

La giovane americana ha spiegato, in un video postato su Youtube, perché vuole togliersi la vita senza aspettare che la malattia le impedisca di decidere: “Non sono una suicida – ha spiegato – e se lo fossi stata l’avrei già fatto, ma sto morendo e voglio farlo. Il mio tumore è così grande che servirebbero delle potenti radiazioni al cervello solo per rallentarne l’avanzata ma con effetti collaterali spaventosi, tra cui le ustioni. Con la mia famiglia abbiamo ragionato e verificato che non esiste un trattamento: ho deciso quindi per una morte dignitosa”. La sua vita finirà a Portland, in Oregon, uno degli Stati Usa che consente per legge l’eutanasia.

La vita ha sempre un valore, non vale per il suo ‘modo di essere’ ma per il suo ‘esserci'”: questa l’opinione del professore Mauro Cozzoli, ordinario di Teologia Morale nella
Pontificia Università Lateranense
, che ha commentato la notizia ai microfoni dell’Agi. “La società di oggi, ha spiegato il teologo, ha un “irriducibile bisogno” di amore per la vita, non di un potere della morte”.

Tutto ciò, osserva Cozzoli, “è un cattivo messaggio, un messaggio privo di speranza dato soprattutto ai più giovani, tentati facilmente di arrendersi e dimettersi di fronte ai mali della vita, piuttosto che lottare e superare”. Secondo il professore, “non bisogna mai disperare, neppure in presenza di una malattia degenerativa: ci sono risorse spirituali e mediche cui attingere”.

“C’è oggi una medicina ‘palliativa’ che aiuta a umanizzare e vivere il morire – ha concluso il teologo – Perché non dare testimonianze e segni di speranza, piuttosto che di sfiducia e angoscia, scegliendo la vita anche quando questa si fa precaria e terminale. Di questo amore per la vita, non di un potere di morte, la società e la cultura oggi hanno un irriducibile bisogno”.