Una risata vi seppellirà

Evidentemente la matita e la giacovazzopenna fanno più paura delle bombe. Per questo, al grido di “Allah Akbar”, i tre vigliacchi jihadisti hanno massacrato a colpi di kalashnikov dodici civili disarmati, di cui otto giornalisti. Ma hanno commesso un errore grave, ci hanno indicato la strada maestra per sconfiggere il terrorismo. Quella che ieri hanno tentato di spegnere con la violenza: la libertà di esprimersi, la libertà di pensare.

Non hanno colpito un obiettivo militare, un commando dei marines o altri soldati. Hanno colpito un giornale, di satira per giunta. Perché una vignetta può essere più potente delle bombe. Può arrivare con un sorriso dritto al cuore e al cervello: i nemici più acerrimi di ogni fondamentalismo, non solo di quello islamico.

Dopo questa ennesima ferita al cuore dell’Occidente però non dobbiamo cadere ancora nella bugia dell’odio, del razzismo e dello scontro fra civiltà. E’ un inganno che serve a chi con la guerra ci guadagna. Dall’11 settembre 2001 ad oggi in nome delle “missioni di pace” nei paesi del terrorismo abbiamo chiuso gli occhi su una catena interminabile di massacri, a cominciare da quello dei nostri figli. Abbiamo trucidato dittatori in Iraq e in Libia senza un processo, lasciando quei popoli in mano ad altri despoti. Basta. Non abbiamo bisogno di nuove guerre, né di nuove armi. I caccia bombardieri F35 – tanto per fare un esempio concreto – non fermano i terroristi col kalashnikov, né quelli con il tritolo addosso. Sono solo altre decine di miliardi di euro regalati ai signori della guerra.

Per sconfiggere il terrore più della bomba ci vuole la banda (quella larga) e il Wi-Fi libero in tutto il mondo. L’unico bombardamento utile è quello su telefonini, tablet e computer dei paesi più oscurantisti: con le immagini, i volti felici e la musica della nostra libertà. Perché i figli dei terroristi non smettano mai di confrontare il nostro mondo con il loro. Qual è il giovane talebano che in cuor suo non vorrebbe essere libero di esprimersi e di amare, in una terra dove gli innamorati rischiano di essere lapidati a morte?

Durante la guerra fredda gli americani la chiamavano “westernization of the world”, l’occidentalizzazione del mondo: era la conquista delle teste, con la cultura, letteraria e cinematografica. Non c’era film o romanzo americano dove i cattivi non fossero russi, cinesi o al massimo simil nazi, come in Guerre Stellari. Brutti, cattivi e spesso anche molto ridicoli. Come i terroristi islamici, appunto, che con il loro carico di odio fanno paura, ma a guardarli bene fanno anche ridere. Proprio come li dipingevano i maestri della satira francese di Charlie Hebdo: maschere di Halloween con il saio, il fucile in mano e il turbante in testa, oppure con il cappellaccio da talebani e le barbe sporche di sabbia del deserto. Insomma, sfigati.

Ma l’Islam non è quello dell’Isis e il Corano non predica la morte. La maggior parte degli arabi non vuole assomigliare ai talebani. Lo dimostrano tutti i giorni nelle nostre città e nelle loro, dove le donne dei petrolieri nelle feste in casa indossano gli abiti dell’alta moda da trenta mila euro, mica il velo.

Ecco, aspettando che le spese per gli armamenti vengano almeno in parte riconvertite per portare la connessione internet fin dentro le grotte dei terroristi, si potrebbero bombardare i villaggi afgani con le vignette di Charb, Cabu, Tignous e Wolinsky. Che erano minacciati per quei disegni già dal 2011, ma non si sono mai piegati alla paura. E sono morti una volta sola – come diceva Paolo Borsellino – mentre “chi ha paura muore tutti i giorni”. E c’è da scommetere che a Charlie Hebdo non si fermeranno le penne, nè le matite, neppure stavolta. Aspettando la risata che seppellisca tutti questi assassini, maledetti e ridicoli.