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TRIVELLE: LE RAGIONI DEL SI’ E DEL NO

Non votare è un diritto? Molti nelle ore che precedono il referendum sulle trivelle, previsto per domenica, si stanno ponendo questo interrogativo. E’ un tema da non sottovalutare visto che riguarda il nocciolo stesso della democrazia. Questa prerogativa cambia, infatti, in termini di forza e incisività, a seconda che la si consideri un dovere o una facoltà. Non è solo un discorso giuridico ma anche una questione di rispetto per chi ha sacrificato tutto, persino la vita, per renderci un popolo “sovrano”, dotato del potere di scegliere liberamente il suo futuro.

La premessa era necessaria, visto il dibattito aperto dalle parole di Matteo Renzi che ha invitato gli italiani a disertare la consultazione. Nella giornata di domani saremo dunque chiamati a votare per l’eventuale abrogazione di una norma sulle trivellazioni in mare per la ricerca ed estrazione di petrolio e gas inserita nella legge di stabilità 2016. Una consultazione ecologista, promossa per la prima volta dalle Regioni (nove: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) e non con la raccolta delle firme degli elettori, e ammessa dalla Corte Costituzionale lo scorso gennaio. Ecco il quesito posto ai votanti: Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?.  Agli italiani viene, quindi, chiesto se vogliano o meno che l’attività di trivellazione nelle nostre acque territoriali entro le 12 miglia (circa 22 chilometri) dalla costa prosegua una volta scadute le concessioni o esauriti i giacimenti.

LE RAGIONI DEL SI’ – Se vincesse il sì, le estrazioni petrolifere in corso continuerebbero fino alla scadenza della concessione o l’esaurimento dei giacimenti petroliferi. Il divieto di trivellazione entro le 12 miglia dalla costa varrebbe soltanto per le nuove estrazioni. Tecnicamente verrebbero cancellate dalla norma le parole “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”. Questo, secondo i promotori, produrrebbe un sensibile beneficio ambientale.

LE RAGIONI DEL NO – Se, invece, dovessero prevalere i no le 35 concessioni di estrazioni potranno essere rinnovate e quindi continuare nel loro lavoro di estrazione fino al momento in cui si esauriranno i giacimenti. E quando questo accadrà nessuno lo può prevedere con precisione.

Contro le trivellazioni senza limiti entro le 12 miglia (e quindi, per il “Sì”) si sono espresse molte associazioni ecologiste, come Legambiente, Greenpeace e Wwf, il comitato “No triv” e 50 illustri scienziati nazionali, che hanno firmato un appello per il Sì. Dall’altra parte delle “barricate”, piuttosto che i sostenitori del “no”, ci sono coloro che si sono espressi a favore dell’astensione dal voto. Tra questi, oltre a Renzi, c’è anche l’ex capo dello Stato Giorgio Napolitano. Il presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi, ha invitato invece a votare, per l’esercizio di un diritto fondamentale del cittadino e per una piena cittadinanza: “Si deve votare al referendum, nel modo in cui il cittadino vuole votare, ma partecipare”. L’invito all’astensione, insomma, è uno schiaffo all’esercizio della piena cittadinanza.

Ad oggi, nei mari italiani entro le 12 miglia, sono presenti 35 concessioni di estrazioni di idrocarburi, di cui tre inattive, una è in sospeso fino alla fine del 2016 (al largo delle coste abruzzesi), 5 non produttive nel 2015. Le restanti 26 concessioni, per un totale di 79 piattaforme e 463 pozzi, sono distribuite tra mare Adriatico, mar Ionio e canale di Sicilia. Di queste, 9 concessioni (per 38 piattaforme) sono scadute o in scadenza, ma con proroga già richiesta; le altre 17 concessioni (per 41 piattaforme) scadranno tra il 2017 e il 2027 e in caso di vittoria del Sì arriveranno comunque a naturale scadenza. Il referendum avrebbe conseguenze già entro il 2018 per 21 concessioni in totale sulle 31 attive : 7 sono in Sicilia, 5 in Calabria, 3 in Puglia, 2 in Basilicata e in Emilia-Romagna, una in Veneto e nelle Marche. Il quesito referendario riguarda anche 9 permessi di ricerca, quattro nell’alto Adriatico, 2 nell’Adriatico centrale davanti alle coste abruzzesi, uno nel mare di Sicilia, tra Pachino e Pozzallo, uno al largo di Pantelleria.

Il referendum, insomma, tocca un tema delicato come quello dell’ambiente. Argomento che è il cuore dell’enciclica “Laudato si” di Papa Francesco. Proteggere il creato, la natura, l’ambiente, la “cura della nostra casa comune”, è la “sfida urgente”, per i cittadini del nostro tempo e anche per i cristiani in quanto tali, come afferma il Pontefice nel documento. “Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei”.

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