TRENTOTTO ANNI FA INIZIAVANO “I 55 GIORNI” DI ALDO MORO

Erano le 9.03 del 16 marzo 1978, il giorno della presentazione del nuovo governo, il quarto guidato da Giulio Andreotti. Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, era nella Fiat 130 che lo trasportava dalla sua abitazione alla Camera dei deputati. Arrivate in via Fani, le vetture sulle quali viaggiavano Moro e la sua scorta furono bloccate da un nucleo armato delle Brigate Rosse. I terroristi, attrezzati con armi automatiche, iniziarono a sparare con estrema precisione, uccidendo sul colpo i due carabinieri che viaggiavano nell’auto di Moro e i poliziotti che si trovavano sulla macchina di scorta. Erano Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi.

Il presidente della Democrazia cristiana fu sequestrato e condotto in un appartamento nella periferia di Roma, in via Montalcini. In questa casa Moro trascorrerà 55 giorni di prigionia, durante i quali fu sottoposto a un processo politico da parte del “Tribunale del Popolo”, istituito dalle stesse Brigate Rosse. Durante i giorni del sequestro, lo Stato cercò in tutti i modi di identificare il luogo dove le Br detenevano lo statista, mettendo in piedi un vero e proprio pool di investigatori e l’intero mondo della politica italiana si mobilitò per la sua liberazione.

I terroristi proposero inizialmente uno scambio di prigionieri con lo Stato, ma la mattina del 9 maggio svegliarono Moro e lo condussero nel garage dell’edificio, dicendogli che volevano spostarlo in un luogo più sicuro: lo fecero rannicchiare nel portabagagli di una Renault 4 rossa, lo coprirono con una coperta e lo uccisero con dieci colpi di pistola.

Il cadavere di Moro fu ritrovato dopo poche ore nel bagagliaio della Renault, parcheggiata in via Caetani, a pochi passi dalla sede della Democrazia Cristiana, in Piazza del Gesù, e del Partito Comunista, in via delle Botteghe Oscure.