TRAFFICO D’ORGANI: FATTI A PEZZI PER BUSINESS

Ha visto coi suoi occhi “tanti bambini in Argentina, con queste lunghe cicatrici sulla schiena“. E da quell’incontro con le vittime senza un rene, è nato il coraggio di denunciare. “Vi autorizzo a dire che il Papa e la Chiesa ritengono la vendita di un organo umano un atto immorale. Un crimine contro l’umanità. La donazione è e deve essere un atto d’amore”. Non è un chirurgo a parlare ma Papa Francesco che già nel 2014, in occasione dell’incontro internazionale dei massimi esperti mondiali nel campo dei trapianti, riunitisi a Roma, aveva condannato il traffico di organi.

Questo “crimine contro l’umanità” è stato di nuovo al centro dell’attenzione della Chiesa il 7 e 8 febbraio scorsi nel Summit sul Traffico di organi e il turismo dei trapianti, promosso dalla Pontificia Accademia delle scienze dove si è approfondita la lotta al traffico in tutti i continenti con portavoce di numerosi Stati tra cui la Cina, dove dal 2015 è stato posto ufficialmente fine al prelievo senza consenso di organi dai detenuti nel braccio della morte.

Il fenomeno

Ma cos’è il traffico d’organi? È il reclutamento, il trasporto, la ricezione di persone viventi o non viventi oppure di uno dei loro organi attraverso l’uso della forza e di minacce oppure il rapimento, l’inganno e l’abuso di potere. In sostanza la singola parte del corpo umano è trattata come una merce, da comprare o da vendere. E diventa turismo del trapianto se coinvolge il traffico di organi o il commercio di trapianti, o se le risorse dedicate a fornire trapianti per pazienti di un Paese al di fuori del proprio compromettono la capacità di uno stato di garantire servizi di trapianto alla propria popolazione.

Le vittime

Uno dei casi che ha destato più stupore è senz’altro quello dei migranti nel deserto del Sinai. Sono stati infatti ritrovati centinaia di corpi ai quali mancavano organi vitali. I profughi raccontano che l’espianto di un organo avviene in strutture mobili, attrezzate come ospedali. Per la maggior parte si tratta di eritrei, etiopi e sudanesi. I trafficanti per ogni organo venduto al mercato nero guadagnano 15 mila dollari. Secondo i dati della Global Financial Integrity, uno dei massimi centri mondiali di analisi sui flussi finanziari illeciti, più del 10% degli impianti che ogni anno si pratica globalmente è illegale. In media alle organizzazioni criminali internazionali fino a 1,4 miliardi di dollari. I due fenomeni si sviluppano soprattutto a causa della carenza di organi per trapianto perché secondo l’Organizzazione mondiale della sanità in un anno ne sono necessari un milione mentre, prendendo in esame i dati del 2014, di trapianti legali ce ne sono stati solo 118.000. Gli organi di cui si ha maggiore necessità sono reni, fegato e cuore. Queste piaghe sono diffuse in tutto il mondo: in Messico e altri Paesi dell’America Latina, in Egitto, Pakistan, India, con destinatari provenienti da Canada e Stati Uniti, dai Paesi dell’Europa occidentale e dall’Australia e dagli Stati del Golfo come Arabia Saudita, Kuwait e Emirati Arabi. L’Iran è noto per la sponsorizzazione della vendita di organi umani.

La dichiarazione congiunta

I partecipanti al Summit internazionale in Vaticano hanno condiviso l’identikit delle vittime del traffico di organi. Persone che vivono situazioni di povertà, disoccupazione, mancanza di opportunità socio-economiche e quindi più vulnerabili, ma anche tutti quei pazienti “disposti a pagare somme ingenti e a viaggiare in altri Paesi come turisti del trapianto, al fine di ottenere un organo che possa consentire loro di vivere”. Chi rende possibile tutto questo sono broker e operatori sanitari senza scrupoli e ancora tanti sono pure i Paesi meta di turismo del trapianto. Per questo l’impegno a contrastare queste economie illegali, anche per rispondere all’invito del Santo Padre a combattere il traffico di esseri umani in tutte le sue forme, si è concretizzato con una dichiarazione congiunta che chiama in causa tutte le nazioni e coinvolge anche tutti i leader religiosi del mondo. I punti principali del documento riguardano le risorse che i governi devono garantire per raggiungere l’autosufficienza nella donazione di organi; il quadro giuridico che permetta prevenzione e repressione dei reati di trapianto oltre che protezione delle vittime. Inoltre nella dichiarazione congiunta si sottolinea l’importanza che in ogni stato gli operatori sanitari svolgano un esame etico e medico dei donatori e dei riceventi. Altro punto saliente riguarda la creazione di registri per il reperimento di organi e anche dei trapianti eseguiti con la possibilità di condividere le informazioni attraverso banche dati internazionali. Infine le autorità di ogni stato necessitano di strumenti per lo scambio di informazioni sui casi sospetti di crimini di trapianto e delle risorse necessarie per indagare su coloro che sono sospettati di un reato commesso nel Paese o anche al di fuori della propria giurisdizione.

La situazione italiana

Nel luglio del 2016 la Polizia di Stato di Palermo e Agrigento, in collaborazione con gli agenti del Servizio centrale operativo di Roma ha eseguito 38 arresti confermando come sulle sponde del Nord Africa gruppi di egiziani comprino dai trafficanti quei migranti che non hanno i soldi per pagare la traversata nel Mediterraneo per espiantarne gli organi. Dalle indagini è emerso anche il coinvolgimento di mediatori in diverse città italiane collegati con potenziali clienti a Dubai e in Israele. La prima confessione riguardo questo traffico mortale partì da un trafficante eritreo arrestato nel 2014: quei migranti che non possono pagarsi il posto sui barconi vengono comprati da criminali egiziani per 15 mila euro perché hanno l’attrezzatura per prelevare gli organi e per trasportarli in “borse termiche speciali”. I corpi di coloro che non sopravvivono agli interventi vengono abbandonati lungo le coste egiziane oppure gettati in mare dagli scafisti durante il tragitto.

I clienti

Secondo l’analisi del portale Lookout News, si tratta di persone abbienti europee e russe che non aspettano le liste d’attesa ospedaliere, spesso troppo lunghe anche se legali. Un’altra area della rotta mediterranea coinvolta è al confine tra Libia e Tunisia, come riferito in forma anonima da funzionari dell’Unhcr. Arrivati in Libia dopo viaggi durati mesi per imbarcarsi alla volta delle coste italiane, centinaia di migranti sono stati prelevati con la forza per essere torturati e subire il prelievo di organi, in particolare polmoni, reni e fegato. Anche in Europa, quindi, la necessità di trapianti è aumentata negli ultimi tempi a seguito dei progressi della medicina. Ma siccome alla crescita della domanda non corrisponde una sufficiente offerta invece di incentivare come gesto di gratuità la donazione, si sviluppa, a partire dalle fasce sociali più vulnerabili, il traffico illegale. Spesso i mediatori fanno parte di associazioni criminali che trattengono una parte importante della somma di denaro richiesta al fruitore.

La legge

Ma con la legge n. 236 del 2016 entrata in vigore lo scorso 7 gennaio, anche in Italia chi traffica organi o chi organizza i relativi viaggi non la passa più liscia. È stato inserito infatti nel codice penale l’art. 601-bis che punisce il business, anche colpendo chi ne organizza o pubblicizza i relativi viaggi o chi diffonde, anche per via informatica, annunci per ottenere organi. Inoltre la norma prevede pene severe anche a chi fa parte di un’associazione per delinquere che ha come scopo questo delitto con l’art. 416, comma 6, del codice penale.

In sintesi: chi organizza l’associazione a delinquere di tre o più persone è punito con la reclusione da tre a sette anni ma se l’associazione è diretta a compiere reati inerenti il traffico o il commercio di organi chi ne fa parte può restare in carcere da un minimo di cinque a un massimo di quindici anni.