SREBRENICA, 20 ANNI DAL MASSACRO

È nelle giornate come oggi, quelle che ricordano un massacro, che la memoria si deve risvegliare, per rendere vigile la coscienza. Esattamente 20 anni fa, a Srebrenica, in Bosnia Erzegovina, ottomila uomini e ragazzi musulmani furono uccisi dalle forze armate serbo-bosniache dopo un’offensiva durata cinque giorni. E’ stata la più grave strage commessa in Europa dopo la seconda guerra mondiale.

L’11 luglio del 1995, negli ultimi mesi della guerra dell’ex Jugoslavia, le milizie conquistarono l’enclave di Srebrenica, dove si erano rifugiati migliaia di profughi – in gran parte musulmani – fuggiti dalla pulizia etnica in corso nella Bosnia orientale. La città era considerata dalle Nazioni Unite una zona di sicurezza. Ma così non è stato. L’esercito guidato dal generale Ratko Mladic e i gruppi paramilitari ultranazionalisti provenienti dalla Serbia conquistarono la città: separarono uomini e ragazzi dalle donne e procedettero con esecuzioni di massa, seppellendo i corpi in varie fosse comuni. Secondo le stime, in pochi giorni morirono più di ottomila persone. I 600 caschi blu olandesi posti a difesa dell’area non intervennero.

Nel marzo 2007 il Tribunale penale internazionale dell’Aja dispose l’arresto di Radovan Karadzic, ex leader politico dei serbi di Bosnia, e di Ratko Mladic, con l’accusa di crimini di guerra e genocidio. Ora sono entrambi detenuti all’Aja, mentre il processo per genocidio di Srebrenica è ancora in corso.

A rendere più drammatica la situazione c’è che di mille persone non sono mai stati ritrovati i corpi, e ancora oggi nelle campagne e nei boschi intorno alla città bosniaca emergono resti delle vittime. Della devastante guerra dell’Ex-Jugoslavia comunque è proprio la Bosnia-Erzegovina ad averne pagato più di tutti il peso della separazione. Sarajevo, la capitale ricca di storia e d’arte, porta ancora i segni del conflitto. I suoi palazzoni mostrano ancora cicatrici dell’assedio: buchi di proiettile, segni delle granate.