SE AD ACCOGLIERTI SONO I RIFUGIATI

Sopra l’ingresso del Magdas Hotel è appesa l’insegna “smantellare i pregiudizi”, una frase semplice che restituisce lo spirito di questa impresa a dir poco straordinaria. “Il nostro intento è anche politico – ha spiegato Martin Gantner, addetto stampa alla Caritas di Vienna –  vogliamo dimostrare che chi si trova in Austria legalmente dovrebbe anche essere in grado di lavorare legalmente”.

I loro volti sono un mosaico di civiltà diverse, parlano inglese, spagnolo, tedesco, portoghese, francese arabo, e oltre quella divisa si nascondono le storie di 20 rifugiati che, a differenza di molti connazionali, hanno avuto una possibilità in più. Quattordici culture differenti e un solo obiettivo: riprendere in mano la propria vita.

E’ la sfida dell’azienda Caritas di Vienna che controlla le attività sociali e che ha saputo scommettere su un progetto agli occhi di molti “impossibile”: un hotel per turisti e una casa per i rifugiati, il tutto sotto lo stesso tetto. Qui l’80% dei dipendenti è costituito da persone in fuga da guerre o persecuzioni: molti di loro hanno già un’esperienza nel settore alberghiero, altri invece sono ragazzi che devono imparare un mestiere.

Il tutto ha avuto inizio dall’intuizione di rinnovare una vecchia casa di riposo in disuso e trasformarla in un albergo dove sperimentare un’inversione di tendenza: quelli che prima erano i richiedenti asilo in cerca di ospitalità oggi sono coloro che ospitano. Una conversione di pensiero strategica, uno schiaffo a chi crede che gli immigrati debbano tornare nei propri paesi senza avere la possibilità di una formazione, di un lavoro e di una vita dignitosa.

I Magdas Hotel è nato grazie ad un’importante operazione di crowfunding che ha permesso di raccogliere i 70mila euro necessari a far partire l’iniziativa e offrire un impiego a chi forse non l’avrebbe mai trovato. La struttura è arredata in stile ed è arricchita dalle opere degli studenti dell’Accademia delle Belle Arti, un ambiente moderno e accogliente a pochi passi dal Danubio. Nel quartiere però non tutti sono entusiasti di questo progetto e l’albergo dei rifugiati ha 5 anni di tempo per dare prova delle sue potenzialità.

“È inutile per la società che queste persone rimangano disoccupate per tanto tempo– ribadisce il portavoce della Caritas – spesso hanno molte abilità non ancora sfruttate. Noi stiamo cercando di offrire soluzioni. Attraverso Magdas, le persone stanno imparando diversi modi di rapportarsi ai migranti”. Una vera e propria rivoluzione che vorrebbe scuotere le coscienze di molti, soprattutto nel resto dell’Europa dove l’emergenza profughi è sempre più in crescita.

Un caso diverso, ma ugualmente stimolante, è quello che da nove mesi permette alle famiglie della Germania e dell’Austria di ospitare in casa propria un migrante. Si chiama Refuge Welcolme, ed è un progetto ideato da un gruppo di ragazzi che vorrebbe mostrare il volto migliore del popolo tedesco.

Ad oggi sono già 107 le case che hanno aperto le porte ai profughi provenienti dai Paesi più in difficoltà come l’Afghanistan, Algeria, Bangladesh, Mali, Niger, Nigeria, Iraq e molti altri. Questo tipo di ospitalità a Berlino e Vienna non è ufficialmente sostenuta dalle istituzioni, ma in alcune regioni autonome tedesche i governi locali prevedono una forma di sussidio per chi accoglie nella propria casa una rifugiato. “Le donazioni – spiega una delle fondatrici del sito Mareike Geiling – rientrano nei parametri del Hartz IV, il sistema di welfare per disoccupati tedeschi. Come sostegno al canone d’affitto, è previsto un contributo di circa 300 euro al mese. Altrimenti Flüchtlinge Willkommen aiuta chi ospita a finanziarsi attraverso campagne di crowdfunding o piccole donazioni”.

L’accoglienza in casa propria è divenuta oggetto di dibattito da quando Martin Parzelt, un parlamentare della Cdu contro la volontà del resto del partito, ha ospitato nella sua abitazione due eritrei di 24 e 19 anni, dichiarando pubblicamente di ricevere un aiuto economico dal lander di Brandeburgo. Se da una parte la diffusione di questa mentalità sta dividendo l’opinione pubblica, dall’altra è un dato di fatto che molte famiglie si sono rese disponibili ad ospitare e sono in attesa di trovare chi cerca casa proprio nella loro città.