SANTITA’ “ORDINARIA”: LA STORIA DI GUADALUPE ORTIZ

Nell’udienza generale di mercoledì scorso Papa Francesco ha parlato, tra le altre cose, dei santi, “testimoni e compagni di speranza”. Ma è possibile diventare santi per le persone “comuni”, per i laici, per padri e madri di famiglia, per i cristiani “ordinari”? Certamente sì. Lo ricorda con chiarezza il Concilio Vaticano II. Un esempio concreto di questa “santità ordinaria” è quello offerto da Guadalupe Ortiz de Landazuri, dichiarata venerabile lo scorso 4 maggio. Chi era questa donna dell’Opus Dei morta nel 1975 a 62 anni di età, pochi giorni dopo il decesso del Fondatore san Josemaria Escrivà? In cosa consiste la sua santità? Il direttore dell’Ufficio per le cause dei santi della Prelatura, don Francesco Russo, nel corso di un briefing con i giornalisti, ha fatto riferimento proprio alle parole del S. Padre: “E’ un’ottima compagna di strada”. Perché nella sua vita ha passato momenti dolorosi, momenti avventurosi e momenti assolutamente ordinari ma “ha cercato costantemente l’unione con il Signore” e questo la portava ad avere quella che è stata considerata da tutti la sua peculiarità: la gioia. Un’allegria che derivava proprio da questa sua vicinanza a Dio. “Aveva una risata contagiosa, musicale” afferma don Russo.

Momenti dolorosi

Guadalupe Ortiz de Landazuri nacque a Madrid il giorno della festa della Madonna di Guadalupe, il 12 dicembre 1916, in una famiglia cristiana. Il padre, Manuel, era militare e durante la guerra civile spagnola fu arrestato dai repubblicani, imprigionato e condannato a morte. Guadalupe aveva circa 20 anni e insieme alla madre Eulogia e al fratello Eduardo (medico, successivamente sposato con Laurita Busca: di entrambi è iniziata la causa di beatificazione) ebbe la possibilità di trascorrere con il padre alcune ore prima della fucilazione. In quei frangenti così drammatici ebbe la fortezza di trasmettere serenità al papà e di perdonare quanti avevano deciso la sua condanna. Nel 1937 riuscì con i suoi congiunti a passare nella zona controllata dai franchisti e rimase a Valladolid fino al termine della guerra. Guadalupe era una ragazza intelligente e di grande personalità. Nel 1933 si era iscritta alla facoltà di Chimica dell’Università Centrale ed era una delle 5 ragazze in una classe di 70 studenti. I colleghi ne ricordano il serio impegno nello studio e la grande simpatia.

Momenti avventurosi

Dopo la guerra Guadalupe iniziò a insegnare a Madrid. Nel 1944, mentre partecipava alla Messa domenicale, si sentì “toccata” dalla Grazia e attraverso un amico entrò in contatto con san Josemaria. Il 25 gennaio andò a incontrare quel sacerdote nel primo centro femminile dell’Opera, in via Jorge Manrique, e fu la svolta della sua vita. Il 19 marzo chiese l’ammissione all’Opus Dei e da quel momento intensificò il suo rapporto personale con Dio. Il 5 marzo 1950 accettò l’invito di san Josemaria di andare in Messico per iniziare il lavoro dell’Opera. Un Paese lontano, sconosciuto, con cui aveva in comune solo la lingua. Eppure lo sentì subito suo, si identificò in molte cose piccole. Ad esempio imparò a cucinare alla maniera locale. Nel Paese latinoamericano rimase sei anni e vi lasciò una traccia profonda di amicizia e affetto. Particolarmente legata a Guadalupe è la realizzazione di Montefalco. Si tratta di una grande tenuta nello stato di Morelos, un ex zuccherificio che fu dato alle fiamme durante la rivoluzione messicana. Dopo oltre 40 anni di abbandono, i proprietari decisero di donare l’”hacienda” all’Opera perché vi realizzasse iniziative di promozione sociale a favore dei contadini della zona. Ma quando Guadalupe e le amiche che la accompagnavano vi si recarono per la prima volta, non era altro che un ammasso di rovine bruciate in un groviglio di vegetazione. Eppure non si scoraggiò, contando su una fede incrollabile in Dio. Oggi Montefalco è sede di un centro convegni, una casa per ritiri spirituali e due istituzioni educative: il “Colegio” e la scuola rurale “El Penon”. Ma non è stata l’unica realtà nata grazie al suo impegno, soprattutto a favore dei poveri e degli anziani, in questa autentica avventura alla quale si dedicò anima e corpo. Avviò con un’amica medico un ambulatorio mobile, promosse la formazione delle contadine e aprì una residenza universitaria femminile. A questo proposito aveva maturato una certa esperienza in Spagna, dove aveva svolto anche mansioni domestiche per le quali non era particolarmente dotata. Eppure, un aneddoto racconta come affrontasse le cose con grande umiltà. In un diario annota come il Fondatore l’avesse ripresa per alcune faccende fatte con poca cura. Lungi dal prendersela, Guadalupe scrisse: “Sono contenta della fiducia che il Padre (così veniva chiamato nell’Opera e così viene chiamato ora il prelato, ndr) ripone in me”.

Momenti ordinari

Nel 1956 san Josemaria la chiamò a Roma per collaborare nel governo centrale dell’Opera ma quell’annosi manifestarono anche i primi sintomi del grave scompenso cardiaco di cui soffrirà fino alla morte. Dopo un’operazione al cuore, Guadalupe fu costretta a tornare definitivamente in Spagna dove si dedicò all’insegnamento. Una vita assolutamente ordinaria, in cui ha continuato a unire una profonda pietà eucaristica a una grande devozione alla Madonna. Sapeva nascondere con grande eleganza la fatica che le costava anche il semplice salire le scale. Era sempre disponibile e allegra e si dedicava con grande impegno al lavoro. Al punto che nella scuola in cui insegnava le chiesero all’unanimità di diventare direttrice. Scrisse al Fondatore che non se lo aspettava, anzi, pensava di essere antipatica a qualcuno… l’occasione sarebbe stata importante sul piano educativo e apostolico ma le sue condizioni di salute le impedirono di accettare.

Troppi santi?

Nel giro di un anno è la terza fedele dell’Opus Dei ad essere dichiarata venerabile. Prima di lei è toccato a Montserrat Grases, una ragazza di Barcellona morta per un tumore a 17 anni, e Isidoro Zorzano, il primo a chiedere l’ammissione all’Opus Dei. Troppi santi? Don Francesco Russo risponde che “i santi non sono mai abbastanza”, tornando a riferirsi alle parole del Papa che mercoledì ha citato la “moltitudine di testimoni” ricordata nella lettera agli Ebrei. L’iter prevede ora l’esame di un miracolo per la beatificazione di Guadalupe. Ce n’è uno in particolare su cui si sta concentrando il lavoro del postulatore, don Antonio Rodriguez de Rivera, riferito a una guarigione nel giro di una notte (tra il 28 e il 29 novembre 2002) da un carcinoma della pelle localizzato molto vicino all’occhio destro e che in caso di intervento chirurgico rischiava di compromettere la vista.

Santità accessibile

La fama di santità di Guadalupe è ormai diffusa non solo in Spagna e Messico ma anche in Italia e in diversi Paesi europei, nord e sud americani, in Kenya e in India. “E’ un esempio di santità molto accessibile – conclude don Francesco Russo – perché Guadalupe si è sempre abbandonata nelle mani di Dio, in una vita ordinaria fatta di lavoro e di pietà intensa”.