Pregi e limiti delle nuove norme sulla combustione dei rifiuti

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Silviomarco Guarriello, sostituto porcuratore
Per affrontare il fenomeno della Terra dei Fuochi con la legge n. 6/’14 è stato introdotto uno specifico reato (art 256 bis T.U.A. 156/’06 – combustione illecita di rifiuti) norma che, per quanto utile, presenta notevoli limiti. Infatti, tale delitto ha evidenti difetti “tecnici” (ben evidenziati nella relazione della Corte di Cassazione n. III/02/2014 del 17.02.2014). Inoltre, la condotta punibile, concepita intorno al fenomeno dei piccoli roghi che avvengono nelle campagne mediante i quali si smaltiscono illecitamente rifiuti (in genere di provenienti da piccole attività industriali/artigianali) è stata elaborata senza tener conto della complessità della realtà. Infatti gli “abbruciamenti” hanno varia natura, non sempre riconducibile a detto fenomeno e che non sono dannosi per l’ambiente.

 

Infatti, il legislatore ha dimenticato che, accanto alle combustioni illecite, ne esistono altre che devono restare lecite, perché hanno una evidente utilità pratica, anche al fine della tutela dell’ambiente. In tal modo, senza distinguere i vari casi, la norma ha determinato l’effetto paradossale di rendere punibili delle pratiche agronomiche millenarie che hanno contribuito, e contribuiscono, alla salvaguardia dell’ecosistema. L’approssimazione del legislatore ha determinato la necessità di molteplici interventi di tipo regolamentare – a cui lettura è illuminante sulla evidente irrazionalità della legge – che hanno dovuto precisare come tali pratiche sono necessarie non solo per eliminare in maniera rapida residui di tipo agricolo ma, anche, perché in tal modo si salvaguarda l’equilibrio batterico del terreno.
La frettolosità dell’intervento si evidenzia anche per altro aspetto. Invero, altro limite della normativa è stato quello di non intervenire sugli strumenti investigativi e di controllo circa la gestione dei rifiuti, concentrarsi sui comportamenti che si pongono a “monte” ed “valle” della condotta illecita (ovvero, da una parte sulla condotta, anche omissiva, dei responsabili dell’impresa e, dall’altra, sulla combustione).

La disciplina non è intervenuta sulla fase “intermedia” della gestione dei rifiuti che si colloca fra gli indicati momenti. In pratica è come se con l’introduzione della norma, per incanto, nel vasto territorio interessato dal fenomeno, diventasse possibile reprimere le condotte illecite. Per come la normativa è stata presentata, sembra che, accertata la presenza dei “fuochi”, si addivenisse alla immediata identificazione dell’autore. In realtà ci si è completamente dimenticati che, il primo aspetto da affrontare attiene al controllo della gestione dei rifiuti, attività che si presenta estremamente difficoltosa.

Infatti, è notevole la mole di rifiuti che vengono quotidianamente movimentati da una molteplicità di operatori, legali ed illegali. Inoltre, gli operatori “legali” non sempre aderiscono al sistema SISTRI (art 11 d.lvo 101/’13), cosa che non è obbligatoria per tutti ma solo per chi produce o gestisce rifiuti “pericolosi”). Ciò rende difficile la tracciabilità, concreta ed in tempo reale, dello smaltimento dei rifiuti non pericolosi. In sintesi: la legge ha reso punibili condotte agronomiche millenarie utili per l’ambiente e non ha fornito adeguati strumenti di controllo ed investigativi per prevenire le combustioni dannose; si possono punire gli autori dei “fuochi, ma resta, comunque, difficile individuarli. Forse era necessario utilizzare strumenti per far emergere gli operatori “in nero” e rendere l’adesione al SISTRI obbligatoria per tutti.

Pur nella frettolosità, la legge ha certo fornito un utile repressivo quando si scopre l’’autore di dette condotte, tuttavia l’accaduto è emblematico di cosa succede laddove una questione viene lasciata irrisolta per lungo tempo e, poi, viene affrontata con urgenza, sull’onda di una spinta emotiva e mediatica, con un approccio che può far perdere di vista sia le dimensioni reali del problema, sia le corrette soluzione da adottare per affrontarlo.

E’ banale ricordarlo, ma la legge ha come scopo quello di “disciplinare” i comportamenti che si manifestano nella realtà fattuale. Dunque, per fare ciò è necessario avere conoscenza del fenomeno, che siano chiari gli obiettivi che si intendono perseguire ed essere consapevoli di tutte le ricadute, anche indirette, della legge. Nel caso della disposizione indicata, tutto questo sembra non essere accaduto. E’ opportuno evitarlo per il futuro.