“NON POSSONO CHIUDERE I GIORNALI IN CARCERE”, L’APPELLO DELLE ASSOCIAZIONI

Se l’informazione è un bene comune, una risorsa per la civiltà che proprio attraverso questa può conoscere meglio qualcosa che gli appartiene, in prigione non si fanno eccezioni. Proprio per questo nel carcere Le Novate di Piacenza da 11 anni detenuti e volontari realizzavano un giornalino interno, “Sosta Forzata”, che la direzione ha deciso ora di sospendere. Per questo Ristretti Orizzonti, l’associazione che se ne occupava, ha deciso di scrivere una lettera aperta ai giornale e alle realtà dell’informazione per chiedere che queste realtà “così fragili, ma così importanti”, siano tutelate, invitando gli Ordini dei giornalisti del territorio a “farsi sentire di più”.

Sostengono che non sia accettabile che, nonostante il volontariato e la società civile abbiano dato in questi anni un contributo enorme per rendere le carceri meno disumane, nel momento in cui subentrano “motivi di sicurezza non meglio definiti”, qualsiasi attività possa essere spazzata via con un “ordine di servizio di poche righe”. Eliminare in questo modo “Sosta Forzata” significa “cancellare anni di faticose conquiste”. Da qui la richiesta ai rappresentanti dell’amministrazione penitenziaria di sedersi attorno a un tavolo con le redazioni, “per dirci se vogliono che esistiamo oppure no, e se hanno l’onestà di riconoscere l’importanza della nostra presenza nelle carceri”. Per questo richiedono garanzie chiare, che consentano alle associazioni di lavorare con serietà e tranquillità. E poi la proposta di un incontro per elaborare un documento collettivo da inviare al Dap e all’Ordine dei giornalisti: “La sospensione di Sosta Forzata ci deve far riflettere e invece che indebolirci deve darci nuova forza e idee per rendere il nostro lavoro più libero e meno precario”.

A parlare è Carla Chiappini, giornalista e direttore di “Sosta Forzata”, la quale afferma che “fare un giornale in carcere è una frontiera necessaria, non solo per dare una giusta informazione sui luoghi di reclusione, ma – continua – anche per una aspetto di narrazione sociale”, infatti le storie dei detenuti ci raccontano un pezzo di società di cui altrimenti non potremmo venire a conoscenza. Per questo uno degli obiettivi del giornale era quello di creare un dialogo tra cittadini reclusi e liberi, che in particolare a Piacenza aveva generato tanti frutti. A distanza di qualche settimana dell’annuncio della sospensione della pubblicazione, però, non si è mosso ancora nulla.