MAI PIU’ SOLE

“Per tanti anni non mi sono mai chiesto se amavo o se usavo mia moglie? Coprirla di vestiti e gioielli, riempirla sempre di soldi, in fondo era un modo per comprarla, per possederla, per ottenere tutto quello che volevo… Non è amore questo ma solo mania di dominio per sfogare le proprie insoddisfazioni. Ma oggi voglio dire anch’io il mio NO alla violenza sulle donne!”.

È veramente una voce fuori dal coro quella di Fabio, 40 anni, in carcere per 5 anni di cui 2 passati in una comunità in pena alternativa. Lui di donne ci racconta di averne maltrattate e usate tante. Come tanti altri compagni di cella che han picchiato quasi fino ad ucciderle moglie, fidanzata o persino la stessa madre.

E mentre i Centri antiviolenza e le associazioni femministe a Roma saranno in corteo per denunciare l’aumento dei casi di maltrattamenti e femmincidio l’insufficienza del Piano adottato dal governo italiano nel 2015, con la manifestazione intitolata “Non una di meno“, oggi ci sarà anche chi nell’impegno quotidiano di ascolto, assistenza e recupero psicologico di donne maltrattate dai mariti o dai compagni, di bambine e ragazzine abusate dentro o fuori dalle mura domestiche vorrà celebrare la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne con iniziative educative non sessiste. Facendo fin da subito fruttare i 12 milioni che il 21 novembre il Governo tramite la Ministra Maria Elena Boschi che ha ricevuto la delega in materia di Pari Opportunità ha destinato al potenziamento dei servizi di assistenza per le donne vittime di violenza e ai loro figli.

Tre le numerose iniziative si segnalano: a Torino la Campagna di sensibilizzazione indirizzata agli uomini “Da uomo a uomo si dica ‘basta’” e, a Milano, la Fondazione Ieccs Ca’ Granda e l’Ospedale Maggiore Policlinico e la Caritas Ambrosiana promuoveranno la mostra informativa intitolata “Stanne fuori” per prevenire abusi e violenza mentre in serata il Consiglio delle Chiese cristiane di Milano celebreranno una Veglia ecumenica contro la violenza. A Napoli, al Cardarelli, illuminato da alcuni giorni con una luce rossa per ricordare le vittime del femminicidio, viene inaugurato il Centro Dafne – codice rosa. Ieri sera a Trapani anche il Vescovo, Mons. Fragnelli ha voluto ricordare le vittime di violenza con una veglia di preghiera in memoria di Anna, l’ennesima vittima nella Provincia sarda. A Reggio Calabria le associazioni locali della Rete civitas promuoveranno nel pomeriggio un evento artistico che coinvolgerà gli studenti delle scuole superiori.

Molte fanno parte di quella popolazione invisibile che finisce facilmente nel dimenticatoio dei mass media. Sono le donne violentate e sfruttate nel giro della prostituzione in strada o al chiuso. “Se penso a queste donne uccise dalla mano dei loro clienti – confida ancora Fabio – mi vergogno di essere stato anch’io uno di loro! Ho frequentato i night, dove si beva e ci si droga, la mente cancella così ogni preoccupazione. Non pensi più nemmeno al rischio delle malattie infettive. Fai sesso per possedere un corpo, per la soddisfazione dei genitali e non t’interessa altro. Ma è terribile quando accecato dal desiderio di possesso qualcuno di questi clienti, forse anche per patologie pregresse che andrebbero rielaborate, arriva ad uccidere e massacrare il corpo della donna che ha appena comprato. Sembra dirle ‘se non puoi appartenere a me non puoi appartenere a nessuno'”.

Fa memoria delle donne vittime di violenza – e di chi è stato ucciso in strada – anche l’Associazione Papa Giovanni XXIII che le incontra di notte lungo i marciapiedi di 21 città italiane lanciando la Campagna di sensibilizzazione “Questo è il mio corpo”.

A Verona alle 21 alla presenza del Vescovo Mons. Zenti si terrà la Preghiera in memoria di Venetita Niacsu, nell’area di servizio dove nel novembre 2014 fu massacrata di botte e poi abbandonata a terra da un cliente. Anche a Marina di Massa (MS) i volontari delle unità di strada della Toscana saranno in preghiera in località Quercioli per ricordare le donne vittime di violenza e in particolare chi è costretta nel circuito della tratta e dello sfruttamento della prostituzione. A Cuneo e a Biella alle 22 i volontari di strada del Piemonte si riuniranno per pregare e incontrare chi è in strada anche quando la temperatura scende sotto lo zero.

Così pure l’Albero di Cirene di Bologna ha organizzato martedì 29 novembre alle ore 21 presso la rotonda del camionista di Borgo Panigale la Preghiera in memoria di Christina Ionela Tepuru, mamma rumena di 22 anni, uccisa a coltellate da un cliente, alla presenza dell’Arcivescovo Mons. Zuppi.

In preghiera sulla strada ci sarà anche Fabio, che una volta era un normale commerciante, sposato, ma poi è caduto nel circolo vizioso della droga e dell’alcool. Anche lui era un uomo maltrattante ma oggi, scontata la sua pena per altri reati, le donne le aiuta a uscire dalla violenza in un’associazione del centro Italia. In carcere ha iniziato anche a scrivere poesie e racconti. E così in uno dei suoi scritti, esprime i sentimenti della vittima quasi per chiederle perdono. “Una valanga, inesorabile, spietata, senz’anima, senza cuore, senza tempo, senza dare tempo, la travolge, la prende, la scuote, la sfigura, la profana e senza pietà la violenta. Tante volte il senso del possesso, l’ostentazione al detenere una bella donna come fosse un sopramobile, è causa di violenza. Tante valanghe quotidianamente si abbattono, come una spada di Damocle, su quello che si ritiene il sesso debole… Forse sanno amare di più. Tu figlia, Tu donna, Tu madre, scappa e allontanati dal bruto per non farti travolgere dalla valanga”.

Allora il carcere per i persecutori, gli stupratori, gli sfruttatori e per chi addirittura uccide pur di dominare il cosidetto “sesso debole” è l’unica soluzione? “Certo la prigione ti può aprire gli occhi allo sbaglio che commetti qualunque esso sia. È fondamentale sapere che se commetti un reato vai dentro! Ma non può essere solo punitivo. Il carcere deve essere rieducativo – e in questo per me è stata determinante l’opportunità di una pena alternativa in una Comunità educante – altrimenti non ha nessun senso restare rinchiusi per anni in una cella. Anzi! appena usciti si diventa peggio di quanto si è entrati!”.

Allora non risolveranno il fenomeno dei maltrattamenti, delle violenze, dello stalking e dei femminicidi gli slogan che incitano all’odio verso il genere maschile e le forme di contrasto tra cultura femminista e maschilista. È la cultura che va cambiata nei diversi settori sociali. Già il Segretario generale del’Onu Ban Ki-moon ha affermato con fermezza che si tratta di una grave violazione dei diritti che deve interessare tutti. “È una pandemia pubblica e un serio ostacolo allo sviluppo sostenibile. Impone costi immensi a famiglie, comunità ed economie. Il mondo non si può permettere di pagare questo prezzo”. E ancor più Papa Francesco nell’Amoris Laetitia al n.54 non ha esitato a denunciare “la vergognosa violenza che a volte si usa nei confronti delle donne, i maltrattamenti familiari e varie forme di schiavitù che non costituiscono una dimostrazione di forza mascolina bensì un codardo degrado”. Ed elenca tutte le forme di abusi verbali, fisici e sessuali all’interno di alcune coppie di sposi, la mutilazione genitale in alcune cultura, la pratica dell’“utero in affitto” o la “strumentalizzazione e mercificazione del corpo femminile nell’attuale cultura mediatica”. E ribadisce con chiarezza che “C’è chi ritiene che molti problemi attuali si sono verificati a partire dall’emancipazione della donna. Ma questo argomento non è valido, “è una falsità, non è vero. È una forma di maschilismo. L’identica dignità tra l’uomo e la donna ci porta a rallegrarci del fatto che si superino vecchie forme di discriminazione, e che in seno alle famiglie si sviluppi uno stile di reciprocità”.

Ancora una volta è dalla voce delle vittime, ma anche da quella dei maltrattanti che hanno cambiato decisamente rotta, che si può riscoprire il valore di questa ricorrenza. Oltre alla guerra tra i due sessi, infatti c’è un orizzonte fatto di riscatto, di cambio di mentalità e di cultura, di riconciliazione tra le diverse visioni del mondo, riconoscendo con le parole rivoluzionarie ed eloquenti di Giovanni Paolo II nella Mulieris dignitatem del 1988 che «La donna non può diventare “oggetto” di “dominio” e di “possesso maschile”. Ma non sarà nel principio di autodeterminazione della donna, sulla base di un’uguaglianza dei sessi e nemmeno nell’inversione della supremazia bensì attraverso la complementarietà tra maschile e femminile e l’affermazione della pari dignità dell’uomo e della donna, che sarà possibile una nuova società libera da ogni violenza.