L’ARSENALE NASCOSTO SOTTO I NOSTRI PIEDI

I Comuni italiani sono spesso interessati da ritrovamenti di ordigni bellici inesplosi; l’evacuazione dei luoghi interessati, necessaria per far brillare le bombe in sicurezza, non è un evento raro. Il fenomeno è più vasto e serio di quanto si possa immaginare e non è da ricondursi a una semplice novità “folkloristica”. E’ opportuno approfondire la tematica attraverso le parole di un esperto: Giovanni Lafirenze, assistente tecnico Bcm (Bonifica campi minati) e responsabile del dipartimento ordigni inesplosi dell’Anvcg (Associazione nazionale vittime civili di guerra) nonché amministratore del portale web biografiadiunabomba.

Signor Lafirenze, spieghi esattamente in cosa consiste il suo lavoro.
“Gli uomini Bcm sono persone specializzate a ricercare, individuare e mettere in luce residuati bellici inesplosi, risalenti alle due guerre mondiali; più volte anche schegge di ordigni esplosi o parzialmente esplosi. Va tuttavia ricordato che il nostro compito si conclude nel momento in cui l’ordigno è a vista e non deve essere assolutamente sollecitato. Quindi il responsabile del cantiere (un assistente tecnico Bcm) senza perdere tempo si reca dai Carabinieri per segnalare il rinvenimento dell’ordigno. I militari dell’Arma dopo aver constatato sul luogo la presenza del residuato, allertano immediatamente la Prefettura, quest’ultima i genieri dell’Esercito competenti per zona”.

Intende la sua attività come una sorta di missione?
“Sì, non si entra in un settore come quello Bcm se non si desidera eliminare i pericoli che producono i residuati bellici. Bombe che ancora oggi uccidono o feriscono”.

Di cosa si occupa l’Anvcg e, in particolare, il suo dipartimento?
“L’Associazione, oltre a tutelare le vittime civili di guerra e a muoversi in ogni suo contesto in nome della pace, crea convegni rivolti alle vittime dei nuovi conflitti ed è impegnata a diffondere, in tutte le scuole d’Italia, campagne (Conoscere per Ri-conoscere) condivise dal Miur, rivolte al rischio prodotto dai residuati bellici inesplosi (attraverso anche la consegna, a istituti e alunni, di testi e manifesti a tema). Per il 4 aprile 2017, l’Anvcg, in collaborazione con la Onlus Campagna Italiana Contro le Mine Onlus, ha organizzato la conferenza Mine Action (un investimento sull’umanità che si terrà presso il Senato della Repubblica).
Compito del dipartimento è quello di coordinare gli eventi e, come suggerisce il presidente Giuseppe Castronovo ‘muoversi, pensare, in nome della cultura della pace’. Infatti, più volte, il dipartimento è impegnato con i suoi gazebo della pace nelle città ospitanti”.

Come è gestita, a livello nazionale, l’azione di ritrovamento e di disinnesco? Quali enti e autorità sono coinvolti?
“I dati ufficiali del Ministero della Difesa indicano chiaramente che in Italia ogni anno vengono mediamente distrutti 60.000 residuati bellici. Le autorità competenti a finalizzare queste operazioni sono le Prefetture, i reparti Genio Eod di zona, Carabinieri e Polizia, Protezione Civile, il 118 e la Polizia Locale”.

Come giudica lo spazio che i media dedicano al fenomeno, sia a livello di tempi sia di competenza in materia?
“Assolutamente scarso: giornali o Tv devono proporre notizie ‘vendibili’ al pubblico, ai lettori e per l’immaginario collettivo gli ordigni in Italia non esistono più, perciò i media si adeguano e pubblicano altre notizie. A Novalesa (Torino) per esempio, nel 2013 tre ragazzi hanno rovinato la loro esistenza per una Breda 35, scambiata per un lumino di camposanto, ma la notizia non è mai stata divulgata come meritava”.

Esiste davvero la pericolosa “abitudine” di conservare ordigni inesplosi in casa o si tratta di un’altra “leggenda metropolitana”?
“Con certezza non posso affermarlo ma se davvero accade, come confermano le notizie web che pubblica biografiadiunabomba, la colpa è sempre della mancata informazione sull’argomento, nessuno custodirebbe un residuato bellico se sapesse che potrebbe esplodere”.

Qual è il limite del collezionismo e quali sono le istruzioni che può offrire a chi si trovi accidentalmente a contatto con tali dispositivi?
“I collezionisti, in genere, sono sempre alla ricerca di cimeli che possano rievocare le vicende, le storie dei fanti, quindi gavette, mostrine, elmetti, bottoni etc. Quando un collezionista dovesse pensare d’aver trovato un ordigno inesploso, senza rimuoverlo deve allertare immediatamente le Forze dell’Ordine: 112, 113 o numero unificato”.

Per capire l’ordine di grandezza: è possibile quantificare il numero delle bombe scaricate sul nostro suolo nelle due guerre mondiali?
“Non è possibile. L’Italia inizia a subire bombardamenti aerei l’11 giugno del 1940: i velivoli francesi di base in Corsica bombardano Genova, Torino, Livorno e Savona. La Raf di base a Malta incursiona Augusta e Catania. Questi bombardamenti aerei terminano nel 1945, ma colmano il sottosuolo del Belpaese di bombe d’aereo inesplose. Non è finita, il 10 luglio del 1943 con lo sbarco in Sicilia, inizia la guerra di terra che, lentamente, si sposta verso nord: lo sbarco di Salerno, Anzio, il dramma di Montecassino, di San Pietro Infine e dei Comuni limitrofi, la linea Gustav, gli alleati che avanzano seguendo sia la linea adriatica, sia quella tirrenica. Insomma una guerra di terra che alle bombe d’aereo aggiunge milioni e milioni di granate d’artiglieria non esplose. A tutto questo andrebbe aggiunto il materiale sepolto da militari in ritirata. Aggiungo che nel Triveneto dobbiamo considerare gli ordigni inesplosi, risalenti alla non meno drammatica prima guerra mondiale”.

In quale misura, quelle rimaste sono state individuate ed eliminate?
“Nel primo dopoguerra la bonifica bellica non ha mai avuto una specifica struttura operativa, a quei tempi gli agricoltori, quando trovavano un ordigno chiamavano una figura del paese, di solito ex militari del Regio Esercito, che spostavano la bomba, la svuotavano e vendevano a peso l’involucro dell’ordigno. Erano i ‘Recuperanti’ e venivano pagati per i loro servizi con pane, farina o altri alimenti. Nel secondo dopoguerra la bonifica bellica era effettuata con gli strumenti dell’epoca, quindi a vista o venivano individuate bombe sepolte da non più di mezzo metro di terra”.

L’Italia ha pagato un prezzo esagerato in considerazione dell’esplosivo scaricato? Com’è il confronto con situazioni simili di altri Paesi?
“L’Italia ha pagato un prezzo molto alto, rispetto alle altre nazioni dell’Asse a causa della guerra di terra; come bombe d’aereo sicuramente la Germania ha subito più ordigni”.

Eventi gravi, come i recenti terremoti, possono incidere sul rischio di esplosioni di bombe rimaste nel sottosuolo?
“Più del terremoto, la nostra preoccupazione sono gli incendi estivi, che producono un effetto termico in grado di far esplodere contemporaneamente più ordigni, creando un serio pericolo per i Vigili del Fuoco e altri addetti ai lavori come forestali o uomini della Protezione Civile. Per quando riguarda le scosse sismiche sussultorie, non penso possano sollecitare i meccanismi di un ordigno, più a rischio sono quelle ondulatorie ma sempre troppo brevi per innescare residuati bellici”.

Prima dell’edificazione di un palazzo si effettuano tutti i controlli del caso o alcune abitazioni poggiano davvero su tali bombe “dormienti”?
“In determinate città, la bonifica è obbligatoria da tempo, oggi è prevista in ogni lavoro pubblico e in cantieri dove sono previsti scavi. Ma per buon senso è obbligatoria, in ogni caso, per la legge sulla sicurezza, perché non è possibile scavare pensando d’essere certi di non trovare ordigni che possano mettere in pericolo dipendenti e residenti”.

Quali sono le Regioni più a rischio, quelle più disseminate di ordigni?
“Tutte, al Triveneto dobbiamo aggiungere le bombe della prima guerra mondiale”.

I nostri mari sono sicuri? Com’è la situazione per gli altri specchi d’acqua come fiumi e laghi?
“Non è un problema dei nostri mari: la Manica, il Mare del Nord e il Baltico sono pieni di ordigni inabissati. Per quanto riguarda i laghi, numerose sono state le bonifiche dei Nuclei Sdai della Marina Militare”.

Negli ultimi anni ha notato qualcosa di diverso? Si avverte una differente sensibilità da parte di cittadini, media e istituzioni?
“Certo, oggi con le campagne e le conferenze dell’Anvcg, abbiamo coinvolto sempre più istituzioni e cittadini”.

Lei svolge anche un’importante attività di informazione, ha avuto dei riscontri positivi?
“Assolutamente sì, ma non è sufficiente”.

Sì potrà giungere, un giorno, ad avere un territorio totalmente sicuro e bonificato?
“È il nostro obiettivo avere un territorio privo di residuati bellici, ma ci vorranno molti anni di bonifica ininterrotta”.

In conclusione: c’è davvero da aver paura e considerarsi seduti su una polveriera o si può rimanere tranquilli?
“Le guerre terminate creano polveriere sepolte, celate da qualche metro di terra. ‘La storia insegna ma non ha scolari’ ripeteva Antonio Gramsci. Noi oggi abbiamo paura per le vittime della Siria, dell’Iraq, della Nigeria e della Somalia, senza dimenticare la Cambogia, il Vietnam e il Laos, luoghi in cui di mine si muore ora dopo ora e ogni respiro potrebbe essere l’ultimo”.