IL VENTO DI VENTOTENE

Il protocollo prevede che Matteo Renzi e Angela Merkel attraversino a piedi il tappeto rosso. Tutto come previsto se questo, sospinto da una forte folata di vento, non decidesse di arrotolarsi proprio davanti alla Cancelliera. Ma la Merkel non si agita e, aiutata timidamente dal Presidente del consiglio italiano, sistema prontamente la lunga banda rossa zavorrandola coi piedi in modo che non faccia più scherzi. È un piccolo episodio capitato lunedì scorso sulla pista dell’aeroporto di Capodichino, all’inizio del vertice Renzi-Merkel-Hollande. Ma forse è anche la metafora di un’Europa fuori controllo che necessita di nette prese di posizione per riprendere la retta via. Un Continente che ha bisogno di decisioni di rottura per superare lo stallo della situazione attuale e non rischiare di far cadere milioni di cittadini nel baratro.

Per tutti l’incontro di Ventotene che si è appena concluso ha rappresentato un simbolo, nel bene o nel male. Gli euroscettici l’hanno considerato l’ennesima passerella mediatica inconcludente con tanto di sfarzi. Gli europeisti, invece, hanno visto nella piccola isola del mar Tirreno il baluardo per ricostruire quello spirito continentale ora così indebolito e umiliato, tra Brexit e terrorismo, crisi economica e migrazioni, guerra in Siria e rapporti con la Turchia.

A Ventotene vide la luce il manifesto “Per un’Europa libera e unita”, scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Ursula Hirschmann tra il 1941 e il 1944 durante il periodo di confino nell’isola. Eugenio Colorni, che ne curò la prefazione, scrisse che “la contraddizione essenziale, responsabile delle crisi, delle guerre, delle miserie e degli sfruttamenti che travagliano la nostra società, è l’esistenza di Stati sovrani” che considerano “gli altri Stati come concorrenti e potenziali nemici”. Alla base c’era proprio l’idea, innanzitutto, di superamento e abbattimento degli Stati nazionali. Ma gli ideatori del documento si spinsero ben oltre. Tra i “princìpi fondamentali” inserirono molti tasselli: “Esercito unico federale; unità monetaria; abolizione delle barriere doganali e delle limitazioni all’emigrazione tra gli Stati appartenenti alla federazione; rappresentanza diretta dei cittadini ai consessi federali; politica estera unica”. Accanto all’idea di un’Europa federale non mancò una spiccata critica al socialismo di Stato e alla proprietà collettiva dei mezzi di produzione realizzati in Unione Sovietica. Per tali motivi diversi socialisti disapprovarono o si dissociarono dal Manifesto. Sandro Pertini, tanto per citarne alcuni, decise di togliere la firma per obbedienza al partito; Alberto Jacometti non aderì. Altri, come Riccardo Bauer, Francesco Fancello, Vincenzo Calace e Nello Traquandi, accusarono Ernesto Rossi di “leggerezza”.

Senza dubbio l’Europa unita ha incontrato delle difficoltà fin dalla sua genesi, ma non per questo i padri fondatori hanno desistito. Ai governanti di oggi è affidata una grande responsabilità. Matteo Renzi dichiara la “voglia di scrivere una nuova pagina di futuro”, nonostante le spinte verso l’Eurexit. Angela Merkel richiama i partner a una maggiore “sicurezza interna ed esterna” per vivere “secondo i nostri principi”. Francois Hollande ricorda che ad Aleppo c’è “una catastrofe umanitaria” e “se non faremo nulla, un giorno sarà la vergogna dell’intera comunità internazionale”. Se questi sono solo “spot promozionali” per trovare consensi o reali intenti programmatici lo vedremo presto, a iniziare dalla volontà di concretizzarli sul tavolo del vertice del 27 settembre a Bratislava. L’auspicio, come detto dal premio Nobel per l’Economia, Sera Amartya Sen, è che “la necessità di riforme economiche” non venga “confusa con il bisogno di austerity, che invece porta a penalizzare soprattutto i poveri”. L’importante è che l’Europa non si autodistrugga, come quella barca a vela – con a bordo una famiglia svizzera – che, proprio il giorno del vertice, il forte grecale ha spinto addosso agli scogli di Ventotene. L’equipaggio fortunatamente non ha riportato conseguenze, ma la paura è stata tanta. È il timore di questo vento europeo, che è imprevedibile e non si sa dove possa portare…