Il miraggio dell’uguaglianza

liliana ocminImpegnata a districare i nodi di una crisi prima economica e oggi soprattutto politica, l’Europa continua nelle sue attività ordinarie e istituzionali finalizzate a raggiungere obiettivi e risultati sulle diverse questioni che attengono alla sfera sociale e ai diritti delle persone. Una di queste attività riguarda il tema dell’uguaglianza di genere. A che punto siamo a riguardo? A fornirci elementi concreti di valutazione in questo senso è l’Eige, che ha presentato proprio nei giorni scorsi la versione 2015 dell’Indice sull’uguaglianza tra uomini e donne, strumento ormai utilizzato anche da alcuni Stati membri come controllo standard all’interno dei propri sistemi statistici nazionali e regionali.

L’indice attribuisce un punteggio all’attività svolta dagli Stati membri e ai progressi compiuti per l’eliminazione delle discriminazioni. Il punteggio prevede un range di valutazione compreso tra 1 e 100, dove 100 rappresenta il massimo risultato. L’Unione Europea, secondo l’Indice, si trova ancora a metà del cammino verso la costruzione di una società in cui uomini e donne siano effettivamente uguali. Passa sotto la propria lente sei argomenti principali, il lavoro, il denaro, la conoscenza, il tempo, il potere e la salute e due argomenti aggiuntivi come violenza contro le donne e le disuguaglianze intersezionali, cioè quelle che agiscono su tutti gli attributi di un soggetto, dalla cultura alla religione fino al genere.

Dal 2005, anno di inizio di questo percorso, fino al 2012 il punteggio complessivo per l’Unione Europea è salito ma solo in minima parte, da 51,3 su 100 a 52,9. Ovviamente si sono registrate marcate differenze tra i diversi Stati e ciò riflette le scelte politico-strategiche messe in campo dai vari governi per il raggiungimento degli obiettivi di uguaglianza. Alcuni paesi sono cresciuti altri invece sono regrediti. Le maggiori conquiste rilevate riguardano l’ambito del potere, che noi definiamo tetto di cristallo, dove il valore risulta aumentato da 31,4 su 100 nel 2005 a 39,7 nel 2012, anche se gli uomini detengono ancora posizioni di maggioranza nei luoghi decisionali. Il punteggio più basso si è registrato con riferimento al tempo, 37,6 punti su 100, che denota come la ripartizione del lavoro non retribuito nella sfera privata rimane principalmente in capo alle donne.

Tra gli argomenti aggiuntivi, quello della violenza mostra come sia importante conoscere gli atteggiamenti sociali e il grado di fiducia nelle istituzioni nei contesti dove avvengono le violenze e quindi si auspica uno sforzo maggiore di raccolta dati in maniera concertata da parte degli Stati membri.

Per quanto riguarda l’Italia e in particolare per la questione lavoro si registra una regressione, dai 59 punti nel 2005 ai 53,8 nel 2012; se ci riferiamo poi alla segregazione e alla qualità del lavoro il punteggio scende ancora di più, dal 61,3 al 50,6. Ecco perché, come Coordinamento Donne Cisl, denunciamo da tempo il fatto che con il pretesto della crisi le politiche dell’uguaglianza e delle pari opportunità siano state messe in secondo piano rispetto a quelle economiche e che invece rappresentano una leva importante per la crescita e lo sviluppo.

Quale futuro, dunque, per le pari opportunità in Italia e in Europa? Quali sono gli ostacoli più impellenti da affrontare? Su tali quesiti sta lavorando l’Europa in vista della presentazione del piano strategico di lavoro per le pari opportunità 2015-2020. Per favorire il contributo di tutte le parti coinvolte sul tema della parità – istituzioni, parti sociali, organizzazioni sociali civili, organismi di parità e comuni cittadini – la Commissione Ue ha lanciato una consultazione pubblica in rete, fino al 21 luglio prossimo, all’indirizzo , con lo scopo di raccogliere punti di vista e suggerimenti utili all’individuazione di strategie comuni, più efficaci e condivise sul tema.