Il lavoro femminile non incide sul tasso di natalità. Servono misure per la famiglia

Gentile Direttore,
ho letto con attenzione l’articolo in oggetto del 21 Novembre u.s. e sono rimasto perplesso. Non tanto per la prima parte ove si analizza il declino demografico con l’efficace immagine della “piramide rovesciata” e le vistose conseguenze anche sotto il profilo economico e sociale. L’analisi della situazione mi sembra corretta, ma la soluzione del grave problema è a mio avviso aberrante e contraddittoria se parliamo di lavoro femminile: forse una componente della denatalità è proprio connessa all’eccessiva insistenza sulla necessità del lavoro femminile, frutto di un femminismo spinto che in nome della parità donna/uomo vorrebbe omologare in tutto e per tutto la donna all’uomo. Siamo diversi, ognuno ha la sua identità (maschio e femmina) e i propri carismi, e si realizza in modi diversi! Il tasso di occupazione femminile del 46.5 per cento è uno scandalo? L’occupazione femminile per donne senza figli in Italia è pari al 69 per cento e ciò mi induce a pensare esattamente il contrario di quanto affermato: le donne non fanno più figli perché lavorano.

Lasciamo perdere i dati sugli altri paesi Europei, ognuno ha i suoi problemi e c’è una mentalità dominante che sta sradicando il concetto di famiglia naturale. Il nostro T.F.R. – total fertility ratio è il peggiore in Europa, non raggiunge neppure il valore 1,2 e fra qualche generazione non esisteremo più come italiani. Tra le tante cause c’è sicuramente un pensiero dominante che introduce un’antropologia deviata e un femminismo estremo che porta molti a considerare la donna essenzialmente strumento di piacere.”L’occupazione femminile per le lavoratrici madri è del 54.3 per cento…e scende ancora al 35.9 se i figli sono due e crolla al 31.3 dopo la nascita del terzo figlio”: ma cosa si vuole da una mamma che lavora 24 ore al giorno per far crescere ed educare i propri figli?! Deve forse sbrigarsi in fretta a fare figli e poi affidarli ad altri, ai servizi comunali o a una badante che costano più di una eventuale retribuzione acquisita da lavoro?Che tipo di famiglia vogliamo? Quella allargata dove ognuno fa i fatti suoi e i figli si affidano allo stato?! Ben venga la Jobs Act con misure a sostegno della famiglia, ma per ora sentiamo molte parole e vediamo pochi fatti.

Perché non si è intervenuti fiscalmente sul quoziente famigliare, tante volte annunciato e subito dimenticato? Perchè non riconoscere un minimo sussidio statale permanente alle madri di famiglia, stabilito in funzione del numero dei componenti e delle reali possibilità economiche del nucleo? Non vorrei essere frainteso. Non dico che le donne di famiglia devono stare sempre rinchiuse tra quattro mura domestiche. Innanzi tutto esistono impieghi e impegni retribuiti compatibili con l’identità femminile e la formazione professionale acquisita(istruzione e formazione educativa, professionalità specifiche che non comportino lavori particolarmente pesanti, part-time ecc.).Poi, ovviamente, non tutte le donne aspirano ad essere mogli e madri e ognuna ha le sue peculiarità per realizzarsi nella vita secondo il proprio sogno.Mi consenta di aggiungere due ultime considerazioni:- va bene promuovere agevolare l’occupazione in generale (ci mancherebbe altro!), ma sostenere la necessità del lavoro femminile ai fini di incrementare il tasso di natalità – in un momento in cui il lavoro non c’è sopratutto per i giovani, e chi lo aveva lo ha perso – mi sembra non abbia molto senso e per di più è difficile conciliare bene procreazione e lavoro, come ho già sottolineato.-una Azienda che interesse avrebbe ad assumere donne in questo momento di crisi – concesso che le stesse farebbero bene a sposarsi e a fare figli per invertire la rotta di questo declino demografico – considerato che, con la maternità, le assenze dal lavoro penalizzerebbe notevolmente il datore di lavoro, mentre ci sono giovani e meno giovani in attesa spasmodica di occupazione? Senza parlare poi dell’assurdità di fissare “quote”…rosa!

Gradisca i migliori saluti
Gabriele Poppi