GLI OTTO SCHIAFFI DELL’ENCICLICA

In un mondo di mezze misure, di relativismo, di politically correct, sentire qualcuno che chiama le cose col proprio nome provoca sorpresa. Se poi a farlo è il Papa, questo Papa, allora l’effetto è dirompente. Ancor più quando ad essere chiamati in causa sono i grandi della Terra, i potenti, le lobby. Eppure il Santo Padre non parla in generale, non spara nel mucchio: richiama ciascuno di noi alle proprie singole e personali responsabilità, singole umanità facenti parte di un tutto che è il Creato, in costante osmosi con la nostra madre Terra. L’umanità e la Natura non sono disgiunte, se si ammala l’una ne soffre l’altra, unite in un unico destino.

Francesco dunque parla senza “nascondere” i concetti, perché in ballo c’è la Vita stessa dell’umanità. Parole che suonano come veri e propri schiaffi, utili per uscire dall’intorpidimento in cui siamo caduti, da quella spensierata irresponsabilità che altro scopo non ha se non quello, effimero, di mantenere i nostri stili di vita.

Primo schiaffo: la politica è sottomessa alla finanza. Il concetto è chiarissimo: se la natura dell’uomo politico è quella di fare l’interesse generale, quella del finanziere è di accumulare profitti. Quando la prima si mette al servizio della seconda le scelte globali rischiano di essere fatte per privilegiare i pochi a danno dei molti. Lo sfruttamento improprio e invasivo delle risorse del pianeta, soprattutto nelle zone più povere del mondo, ne è la rappresentazione plastica. Non pensare alle conseguenze globali di un atteggiamento simile è incosciente e suicida.

Secondo schiaffo: non ci sono due crisi separate, una ambientale e l’altra sociale. Le ragioni per le quali un luogo viene inquinato richiedono un’analisi del funzionamento della società e delle sua economia. L’ipocrisia con i quali i governi si accorgono delle emergenze umanitarie dopo averle provocate, non solo direttamente con le azioni di guerra ma anche indirettamente con il controllo di approvvigionamenti idrici e alimentari, senza alcun interesse per una ridistribuzione equa delle risorse, è diventato intollerabile. Se non si parte da questo assunto non si capisce la realtà, ad esempio l’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta, né l’aumento dei migranti invisibili, quelli che si riversano nei Paesi ricchi fuggendo dalla miseria aggravata da degrado; e che peraltro non vengono neanche riconosciuti dalle convenzioni internazionali.

Terzo schiaffo: i cristiani non possono girarsi dall’altra parte. La negazione del problema, l’indifferenza con la quale si guarda all’equilibrio del pianeta, la rassegnazione comoda piuttosto che la fiducia cieca nelle soluzioni tecniche sono tutte modalità per evitare di impegnarsi in prima persona.

Quarto schiaffo: le finte soluzioni. Cercare di risolvere il problema della fame nel mondo, e il collegato dramma della mancanza di acqua, con il controllo della natalità è un approccio volutamente sbagliato. Si cerca così di mettere l’obiettivo sugli effetti senza voler affrontare le cause, in quanto farlo comporterebbe la riallocazione globale delle risorse, ora in mano a pochi.

Quinto schiaffo: il business immondo sull’acqua. Il Pontefice afferma a chiare lettere che “l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani”. Privare i poveri dell’accesso all’acqua significa negare “il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità”. Peraltro sul tema il Pontefice lancia un allarme: la gestione dell’acqua sarà una delle principali fonti di conflitti di questo secolo.

Sesto schiaffo: il delirio di onnipotenza. L’uomo, con la propria opera nel mondo, ha creato enormi problemi di equilibrio ambientale. Per riparare i danni fatti, cerca soluzioni scientifiche che ne creano altri. E così via, in una continua rincorsa al fine di ri-creare un mondo a proprio uso e consumo. Un’impostazione che è uno schiaffo al Creato, e un’illusoria strada da seguire.

Settimo schiaffo: la logica dell’”usa e getta”. Si giustifica ogni tipo di scarto, ambientale o umano che sia, che tratta l’altro e la natura come semplice oggetto e conduce a una miriade di forme di dominio. È una posizione che porta a sfruttare i bambini, ad abbandonare gli anziani, a ridurre altri in schiavitù, a sopravvalutare la capacità del mercato di autoregolarsi, a praticare la tratta di esseri umani, il commercio di pelli di animali in via di estinzione e di “diamanti insanguinati”.

Ottavo schiaffo: il lavoro depredato di dignità. In qualunque “impostazione di ecologia integrale, che non escluda l’essere umano, è indispensabile integrare il valore del lavoro”, così come “Rinunciare ad investire sulle persone per ottenere un maggior profitto immediato è un pessimo affare per la società”.