GANDOLFINI: “QUELLA STRATEGIA CONTRO LA VITA….”

I promotori del Family Day continuano a tenere alta la guardia contro ogni tentativo di introdurre nella scuola l’ideologia gender. Il Comitato “Difendiamo i nostri figli” è sceso in piazza a Roma, davanti al Quirinale, e in altre 15 città italiane: Verona, Bergamo, Brescia, Parma, Salerno, Treviso, Genova, Vicenza, Pesaro, Gorgonzola, Perugia, Avellino, Milano, Massa e Novi Ligure. Alla segreteria della Presidenza della Repubblica è stato consegnato un dossier sui casi di gender delle scuole, la richiesta di ufficializzazione del consenso informato preventivo per affermare il diritto del primato educativo dei genitori e una copia del manifesto educativo redatto dallo stesso Comitato, che ha anche chiesto di essere ricevuto dal Capo dello Stato per esprimergli le preoccupazioni delle famiglie italiane riguardo ai tentativi di introdurre la teoria gender nelle scuole.

“L’obiettivo principale di queste manifestazioni – spiega a In Terris il presidente del Comitato, Massimo Gandolfini – era di ribadire che restiamo vigili e attentissimi rispetto a quello che il Miur vorrà fare in merito alle linee guida della legge 107, la cosiddetta Buona scuola. All’articolo 1, infatti, si legge che saranno attivati percorsi educativi di lotta alla discriminazione per orientamento di genere. Se si tratta di combattere ogni forma di violenza, il femminicidio, il bullismo, siamo perfettamente d’accordo. Ma se saranno usati come grimaldello per introdurre l’idea che non esistono due generi ma una variabilità indefinita, faremo un’opposizione fermissima”.

Ma non era l’unico scopo.
“Infatti. Sono state anche una prima risposta ai nove disegni di legge, depositati alla Camera e in discussione alla Commissione Cultura, sull’educazione affettiva nelle scuole di ogni ordine e grado. Già in occasione di una mia audizione ho avuto modo di esprimere il nostro punto di vista”

Ovvero?
“Siamo contrari per due ragioni. La prima è che lo Stato non deve entrare in una materia così delicata che riguarda in primo luogo le famiglie; la seconda è che se lo Stato determina i contenuti di un argomento del genere si trasforma in uno Stato etico, che è assolutamente inaccettabile”.

Il Presidente Mattarella inaugurando l’anno scolastico a Sondrio ha chiesto una sorta di “grande patto sociale” tra scuola, famiglia, forze dell’ordine, magistratura, mondo dei media e dello spettacolo contro il bullismo. Non c’è il rischio che le sue parole vengano strumentalizzate proprio da chi dà un’interpretazione “radicale” della lotta a questo fenomeno?
“Senza dubbio il rischio c’è. Se le parole del Presidente sono una dichiarazione di principio, ben vengano, siamo d’accordo. Poi però bisogna vedere cosa si ‘scrive’ in questo patto. Ribadisco: no a ogni forma di violenza, anche psicoaffettiva, ma non può essere la scusa per far entrare a scuola l’ideologia di genere”.

Eppure il governo sembra sordo alle vostre legittime richieste.
“Esattamente. Già dopo la grande manifestazione del 30 gennaio al Circo Massimo è rimasto totalmente indifferente. E’ in atto una strategia che va contro la vita e la famiglia. Per questo abbiamo preso la decisione di contrastare questa azione attraverso la costituzione dei comitati “Famiglie per il no al referendum”. Per due ragioni”.

Quali?
“La prima è di merito: è una riforma pasticciata, confusa, arraffata che va fermata e bocciata. Non si tratta di fare una riforma qualunque ma una buona riforma. E invece questa crea più problemi di quanti non ne voglia risolvere. Per fare qualche esempio, penso ai contenziosi che potrebbero sorgere tra esecutivo e Corte Costituzionale o alla revisione fantasiosa del Titolo V sul ruolo delle Regioni. La seconda è che questo governo nel rottamare la Costituzione rottama anche la famiglia. Per questo stiamo preparando, insieme al Movimento Cristiano Lavoratori, una grande manifestazione che si terrà a Roma, probabilmente all’Auditorium dell’Antoniano in viale Manzoni, il prossimo 12 novembre con lo slogan “Fermiamo la furia rottamatrice”.

Qual è il bilancio dei primi mesi di legge Cirinnà?
“La prima cosa evidente è che è usata molto poco. C’è una grande risonanza mediatica per singoli casi ma sono veramente pochi quelli che vi hanno fatto ricorso. L’abbiamo sempre detto. Del resto, una delle menzogne che ha accompagnato l’iter parlamentare era l’”urgente bisogno di regolarizzare tante posizioni”. E invece sono pochissime. Molte persone di pari sesso non si sognano nemmeno di far ricorso alle unioni civili. D’altronde, rientra nella “vocazione” arruffata di questo governo. Il rischio piuttosto è un altro”.

Quale?
“Non rispettare un’istanza fondamentale che è l’obiezione di coscienza. Si sta facendo una sorta di “lista di proscrizione” di sindaci che incaricano altri (assessori e consiglieri) perché non vogliono “celebrare” queste unioni per motivi di coscienza. Ed è una gravissima violazione della libertà”.