DOTT. ANNUNZIATO (CNR): “L’ITALIA DOVREBBE CREDERE DI PIU’ NELLA RICERCA E NEI RICERCATORI”

“Non si cresce senza innovazione e non c’è innovazione senza voglia di crescere”. E’ quanto ha detto ieri il dott. Paolo Annunziato, direttore generale del C.n.r. (Consiglio Nazionale delle Ricerche) durante un incontro gli studenti e i laureati del collegio universitario “Villa Nazareth” della Fondazione Comunità Domenico Tardini Onlus a Roma sul tema “La ricerca scientifica in Italia”.

Lo sviluppo di nuove tecnologie è un fattore estremamente importante per l’economia di un Paese. Come emerge dall’analisi di alcuni dati statistici si evidenzia che l’innovazione genera un innalzamento del prodotto interno lord (Pil). “Ad esempio. Il materiale con cui viene confezionato un vestito Valentino può essere anche economico, ma allora perché costa così caro? Semplicemente per il ‘disegno’ che viene applicato, e questo grazie alle conoscenze. Quindi il prodotto diventa di alta conoscenza, allora richiederà maggiore tempo di lavoro per la sua elaborazione, e di conseguenza ci sarà un maggiore salario per il lavoratore e quindi un maggiore benessere economico”.

Inoltre il dott. Annunziato ha sottolineato come il livello di investimento e ricerca in Italia sia abbastanza basso, infatti il Bel Paese – tra quelli considerati industrializzati – è quello che si trova “più indietro” e che vanta pochissime imprese che hanno deciso di investire nella ricerca. Ma nell’era della globalizzazione in cui ci troviamo, la ricerca è considerato un fattore fondamentale per lo sviluppo. Per spiegare meglio il concetto il direttore del C.n.r. ha portato l’esempio di un’azienda farmaceutica ce non può essere esentata dalle operazioni di ricerca, “perché altrimenti va fuori mercato e rischia di ‘bloccare’ lo sviluppo sanitario del suo Paese”.

Per i giovani ricercatori e scienziati fare un’esperienza formativa all’estero è un lodevole traguardo, “il problema è che non tornano a casa”. Secondo il dott. Annunziato sono principalmente tre i motivi per cui i futuri scienziati preferiscono rimanere all’estero: perché in Italia non si fa carriera, non c’è disponibilità dei fondi per la ricerca e la retribuzione salariale è bassa.

Negli ultimi anni il C.n.r. si sta adoperando per riportare a “casa” i cosiddetti “cervelli in fuga”. “Si è cercato di portare la meritocrazia nella selezione del personale. – spiega Annunziato – Nonostante ci siano dei concorsi pubblici per accedere ai pochi posti di lavoro per la ricerca, si cerca di tenere conto dei riconoscimenti e premi internazionale che i giovani scienziati hanno ricevuto durante la loro formazione professionale all’estero”.

Ma secondo il direttore del C.n.r l’Italia dovrebbe “credere di più nella ricerca e nei ricercatori”, perché di ragazzi e ragazze “di qualità” nel nostro Paese ce ne sono molti. “Un’istituzione francese simile al C.n.r., nell’ultimo anno, ha assunto circa il 30% di italiani e a livello europeo viene riconosciuta l’alta preparazione dei ricercatori italiani. – conclude il dott. Annunziato – Quindi, la qualità dei nostri ricercatori è molto alta e non deve essere assolutamente sprecata tenendoli permanentemente fuori casa”.