Da Berlino a Cuba, il lungo viaggio per la libertà

Una cosa accomuna Papa Wojtyla e Bergoglio, al di là del fatto che il primo ha ordinato cardinale il secondo: la capacità di incidere nei grandi cambiamenti della storia, di creare le condizioni affinché accadano in maniera “naturale” rivoluzioni epocali senza spargimento di sangue. Giovanni Paolo II e Francesco hanno entrambi contrastato la cosiddetta teologia della liberazione, ossia quella riflessione – partita proprio dall’America latina alla fine degli anni ‘60, dopo il Concilio Vaticano II – che nell’evidenziare i valori di emancipazione sociale e politica presenti nel messaggio cristiano voleva mettere anche i sacerdoti nella posizione di “combattenti”.

La rivoluzione in senso stretto non è mai stata nell’orizzonte dei due Pontefici, che hanno seguito invece altre strade per arrivare al medesimo obiettivo: eliminare lo stallo geopolitico di un continente. Da una parte la vicinanza non solo ideale a Solidarność (sindacato fondato in Polonia nel settembre 1980 in seguito agli scioperi nei cantieri navali di Danzica e guidato da Lech Wałęsa, poi premio Nobel per la Pace) che ha rotto gli equilibri dei regini totalitari costituendo un evento fondamentale nella storia non solo polacca, ma dell’intero blocco comunista, culminato con la caduta del muro di Berlino del 1989; dall’altra Francesco, che è riuscito nella storica impresa – fondamentali sono state due lettere inviate in via riservatissima ad Obama e Castro – di riavvicinare Cuba agli Stati Uniti.

Certo l’opera di mediazione è stata fatta con la collaborazione attiva, rigorosa, discreta e determinata di alti prelati sia nell’Est europeo sia in Sudamerica, ma il sigillo al cambiamento è innegabilmente dei due capi della Chiesa Cattolica. L’uno – primo papa polacco – ha scardinato il Patto di Varsavia che ingessava l’Europa, il secondo – primo pontefice sudamericano – ha fatto tornare l’America un unico continente non solo sulle cartine geografiche.

In un mondo devastato dalle lotte di matrice religiosa, è un segno di grandissima importanza che proprio un capo religioso sia in grado in nome della pace di ravvicinare nazioni tradizionalmente ostili. Il dialogo, la Parola al posto delle bombe. Papa Francesco ha dimostrato che è possibile, anche e soprattutto nel Terzo Millennio. Un altro muro che cade, ed è il messaggio più forte.