“COSI’ VIVIAMO LA PASQUA NEI LUOGHI DELLA RESURREZIONE”

In occasione della S. Pasqua padre Francesco Patton, 53 anni, trentino, dallo scorso mese di maggio Custode di Terra Santa, successore di mons. Pizzaballa che ha ricoperto l’incarico per 12 anni prima di essere nominato amministratore apostolico di Gerusalemme dei latini, ha accettato di rilasciare un’intervista a In Terris.

Padre Patton, qual è la situazione dei cristiani in Terra Santa?
“E’ quella di una minoranza, non solo nei territori della Terra Santa in senso stretto, cioè Israele e Palestina, ma anche in Siria, in Iraq; è una comunità un po’ più consistente in Libano e in Egitto, dove c’è un buon numero di cristiani ma in ogni caso si deve tenere viva la propria fede in un contesto difficile”.

Come sono i rapporti con le altre confessioni?
“Per quanto riguarda le varie comunità cristiane, tra noi e ortodossi greci, armeni e copti sono buoni, anche in Egitto. Con le altre religioni sono altrettanto buoni nella vita ordinaria ma i problemi sorgono con i gruppi fondamentalisti e integralisti che pensano che la loro identità vada difesa a scapito dell’esistenza degli altri”.

Papa Francesco tra poco si recherà in visita in Egitto. Quanto influirà in questi rapporti, soprattutto dopo gli attentati della Domenica delle Palme?
“Sarà un viaggio importante, molto importante proprio perché avviene non solo su invito del capo copto Tawadros e dei responsabili dei copti cattolici e dei latini ma anche dello sceicco di Al Azhar, massimo esponente dell’Islam sunnita, e del presidente Al Sisi. E’ importante perché il S. Padre può parlare ai leader dell’Islam con la speranza che un po’ alla volta comprendano che il fondamentalismo danneggia anche i loro fedeli. C’è grande attesa, non solo in Egitto ma in tutto il Medio Oriente”.

Come si vive la S. Pasqua nei luoghi che videro la Passione e la Resurrezione di Gesù?
“Senza dubbio con un contatto emotivo particolare. Già dalla Domenica delle Palme abbiamo ripercorso il cammino da Betfage a Gerusalemme, sul tragitto fatto da Gesù. E’ stata una ‘processione’ molto festosa, con grande partecipazione dei fedeli locali e del mondo intero. Ma tutta la Settimana Santa ha questa caratteristica. Lunedì siamo stati a Betania, dove Maria, la sorella di Lazzaro, bagnò di lacrime e versò il profumo sui piedi di Gesù, il Giovedì Santo la lavanda dei piedi nel Cenacolo, il Venerdì la Passione rivissuta sul Golgota per finire con la veglia di Pasqua e la celebrazione della Resurrezione nel luogo fisico in cui è avvenuta. Qui la fede viene celebrata con la particolarità del contatto dei luoghi in cui la fede stessa si è espressa. Quando leggiamo il Vangelo nei posti in cui certi episodi sono accaduti o dove sono stati pronunciati certi discorsi, noi diciamo ‘qui’. Nel Sepolcro non diciamo semplicemente ‘Gesù è risorto’ ma ‘Qui Gesù è risorto’. Mettiamo i piedi dove li ha messi Cristo e questo è molto importante perché ci ricorda che non celebriamo un mito o una favoletta ma un evento storico accaduto, come scrive S. Paolo, nella pienezza dei tempi. Ha un significato straordinario”.

E lei cosa prova a celebrare la Pasqua per la prima volta da Custode di Terra Santa?
“La ricchezza delle celebrazioni è all’insegna della novità, dello stupore, di chi fa un’esperienza per la prima volta, che è sempre qualcosa di unico e di straordinario. Mi commuove interiormente ripercorrere i passi di Gesù, celebrare nel Sepolcro vuoto dove si apre la porta alla vita con Dio. Ma non è un’emozione superficiale, è un ‘sentire’ interiore quello di celebrare così i misteri della nostra salvezza”.

La recente riapertura del S. Sepolcro restaurato è stata un bel segnale.
“La fase più importante è compiuta. Era necessaria l’opera materiale, perché l’edicola aveva assoluto bisogno di essere restaurata, ma i lavori sono stati fondamentali anche sul piano scientifico e archeologico: basti pensare che è stata riaperta la tomba, è stato possibile toccare la pietra su cui fu deposto il Corpo di Gesù e sono stati analizzati anche gli strati successivi. Ma è stata anche una grande esperienza ecumenica, grazie all’accordo delle tre comunità, greca, armena e latina. Abbiamo avuto molti più incontri del solito, abbiamo potuto coltivare relazioni fraterne e di amicizia e compreso che è qualcosa che può continuare. La cerimonia di riapertura, con i canti delle diverse tradizioni, è stata molto significativa nel ribadire che vogliamo un cammino fraterno. Abbiamo pregato insieme il Padre Nostro che è stata una novità importantissima. La sensibilità da parte nostra e dei responsabili delle altre comunità è quella giusta per andare avanti così”.

Ora però servono altri lavori.
“Sì, al pavimento intorno all’edicola e al di sotto, occorrono interventi per eliminare problemi di umidità di risalita. Faremo un secondo accordo poi si procederà. Sui tempi non so pronunciarmi ma l’intenzione è di proseguire. Bisogna battere il ferro finché è caldo: quel che è certo è che si è inaugurata una stagione di collaborazione da cui non si torna indietro. Poi è necessario passare da quella materiale a una di tipo relazionale, fraterno. Siamo una piccola minoranza, anche uniti, ma possiamo mandare al mondo un grande messaggio di comunione”.

Considerando la coincidenza della data della Pasqua sono previste preghiere in comune?
“Questo no per un semplice motivo: ci sono migliaia di pellegrini e quello che si fa durante il Triduo Santo è regolato in modo preciso da un’agenda stilata di comune accordo sulla base dello ‘statu quo’ che fissa i tempi delle celebrazioni. Ma al di là di quello che può sembrare un ‘disordine’, il bello è che gli aspetti di ogni rito diventano condivisi. Ad esempio il nostro modo di celebrare la Passione viene vista con particolare intensità da tutti; così il ‘fuoco santo’ dei greco ortodossi il Sabato Santo diventa patrimonio di tutti: anche noi lo abbiamo ma loro lo vivono con un’accentuazione più forte”.

E la presenza di fedeli da tutto il mondo cosa rappresenta?
“Dà meglio di ogni altra cosa l’immagine di quello che è la Chiesa universale. La bellezza di questo luogo, che a un orecchio esterno potrebbe sembrare confusione, al contrario è la ricchezza con cui eleviamo la nostra lode a Dio. E’ un po’ come gli orchestrali che stanno accordando gli strumenti prima di un concerto. La mia speranza è che un giorno riusciremo ad accordarli e che ciascuno suonerà lo strumento che la grazia di Dio gli ha concesso per comporre una meravigliosa sinfonia. Buona Pasqua a tutti i lettori di In Terris!”