COSI’ LA MAFIA DELEGITTIMA I MAGISTRATI

illegalità

“Sono passati 23 anni da quel maggio in cui il tritolo piazzato da Cosa Nostra spazzò via il giudice Falcone e la sua scorta con l’intento di distruggere l’immagine dello Stato, di farlo apparire debole. Oggi la criminalità organizzata ha mutato pelle, non usa più le bombe ma la strategia della delegittimazione per far fuori i magistrati”. Parole durissime quelle del Segretario generale dell’Associazione nazionale magistrati, Maurizio Carbone, nel giorno in cui il Paese ricorda la strage di Capaci.

Cosa intende per “strategia della delegittimazione”?
“Dopo l’episodio di Capaci ci fu la strage di via D’Amelio. La reazione del Paese fu molto forte, e probabilmente anche a seguito di questa nel tempo la criminalità organizzata ha cambiato atteggiamento. Ha compreso che colpire in maniera violenta singoli magistrati non pagava. E in questi anni la tattica è cambiata, dirottata sul piano dell’intimidazione e della delegittimazione della magistratura, spesso strisciante”.

In che modo?
“Voglio essere chiaro per evitare fraintendimenti: mi riferisco a ciò che alcuni colleghi di Palermo mi hanno raccontato, e cioè che ci sia da parte delle associazioni criminali la strategia di far serpeggiare l’idea, tra gli operai delle aziende sequestrate e confiscate alla mafia, che sia la magistratura, attraverso queste operazioni, a creare disoccupazione.

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Maurizio Carbone

Il magistrato come colui che manda la gente sul lastrico, dunque?
“Praticamente sì. Il concetto che si vuole far passare è che la mafia assicura benessere e ricchezza, e questo la pone addirittura come il vero potere che dà lavoro, e invece la magistratura con le proprie azioni ferisce il Paese e toglie il lavoro attraverso il sequestro dei beni confiscati alle cosche. Ripeto: è una strategia molto pericolosa di delegittimazione della magistratura che avvalora e dà forza al mondo criminale. La cosa purtroppo è attualissima e molto preoccupante, alimenta la cultura dell’illegalità. Senza una coscienza civica, la lotta investigativa e giudiziaria può fare poco. Diffondere quell’idea che la magistratura sia un pericolo per il Paese, non produca ricchezza ma addirittura disoccupazione evidentemente è un fatto gravissimo. Ed è bene iniziare a parlarne, far sapere alla gente quale inganno ci sia dietro questa impostazione; a partire dalle scuole, dalle famiglie”.

Cosa ricorda di quel giorno terribile?
“Quel maggio 1992 fu un momento che tutti ricordiamo; quando esplose un pezzo di autostrada a Capaci e colpì uno dei magistrati simbolo della lotta alla mafia fu l’Italia stessa ad essere colpita”.

Lei dov’era?
“Stavo tornando da Roma a Napoli, la mia città natale; viaggiavo sull’autostrada perché avevo consegnato le prove scritte del concorso in magistratura. Dunque da giovane aspirante magistrato, proprio nel giorno in cui cercavo di concretizzare il mio sogno professionale, ebbi la notizia che era stato colpito in maniera così brutale un giudice…”

Ora la mafia non usa più gli esplosivi?
“Cosa Nostra attecchisce sempre più dove c’è la possibilità di raccogliere capitali; ha lasciato da parte gli attentati ed è entrata sempre più nel giro degli affari, nel mondo degli appalti come dimostrano anche i recenti sviluppi delle indagini su Mafia Capitale. Utilizza gli strumenti della corruzione per fare i propri interessi”.

Alla luce di questa considerazione, come vede l’approvazione del ddl anticorruzione? Uno schiaffo a una certa politica?
“E’ importante che finalmente, anche se con grande fatica, la proposta del presidente del Senato Grasso – che ha fatto fruttare la propria esperienza di magistrato – sia arrivata a compimento; è un primo passo. Un’inversione di tendenza rispetto a quanto è avvenuto negli ultimi 20 anni, nei quali i segnali di un abbassamento di tensione su questi reati è stato evidente; con leggi che sono state definite ad personam, come quella sul falso in bilancio o la legge Cirielli sulle prescrizione. Finalmente si torna a parlare di alcuni reati per ciò che sono, ma si può fare di più, l’opera va sicuramente completata…”

Come?
“Se si vuole dare un segnale più forte bisognerebbe combattere questo tipo di reati con gli stessi strumenti con i quali si combatte la criminalità mafiosa, visto che oggi la mafia si interessa proprio a quel settore”.