Corto circuito nella coppia, la tentazione egoistica

Esiste un particolare aspetto della prevaricazione familiare, ossia la violenza psicologica, non fisica; le forme di pressione, umiliazione, annichilimento dell’altrui personalità attuate senza contatto, ma con parole, comportamenti, atteggiamenti. Questi comportamento provocano una domanda: cos’è accaduto a quella coppia, in quella famiglia? Cosa ne è stato dei migliori auspici sotto i quali i due si sono scelti, frequentati, compresi, sposati, proiettando la loro relazione verso il futuro?
Chi si aspetta soluzioni resterà deluso: non ne proporrò. Riflessioni, piuttosto, che vorrebbero suscitare quella sana curiosità verso l’osservazione profonda di se stessi e degli altri, un’autoanalisi senza la quale, per quanto possa sembrare banale, è impossibile transitare verso acque tranquille.

Suscita curiosità l’elencazione degli obblighi coniugali nei provvedimenti di omologa delle separazioni consensuali (o nelle sentenze di separazione giudiziale), tra i quali spicca “i coniugi vivranno separati e si porteranno reciproco rispetto”. Vagamente somigliante a quanto si legge nelle massime giurisprudenziali relative alla qualificazione giuridica dei maltrattamenti che si consumano dopo la separazione: con la separazione dei coniugi non cessano gli obblighi di assistenza familiare, rispetto reciproco e solidarietà. Incredibile, vero? Ma non erano stati violati, dimenticati, negati nella loro esistenza, disconosciuti proprio quegli obblighi? Basterà la parola del Giudice per ripristinarli? Non è un po’ come dire non si ruba nei supermercati?

Probabilmente, come spesso l’esperienza insegna, è un concorso di condizioni a generare il corto circuito nella coppia, nella famiglia, e non tutte eziologicamente attribuibili all’interno del consesso, ma esterne ad esso. È troppo banale affermare che i valori etici e morali, sui quali fonda la solidarietà, l’altruismo, il rispetto, sono quasi tutti in fibrillazione, destabilizzati, in cerca di nuova definizione, di altro profilo, e ciò nella società intera, nelle istituzioni, nella politica e, dunque, anche nella famiglia e nel singolo?

In una deriva del pensiero collettivo che tende ad immaginare ogni regola come un orpello che può essere aggirato, presi nella irresistibile forza centripeta di una società che sovrappone l’interesse personale con quello dei più, non emerge una tentazione egoistica sulla cui spinta i valori possono essere rimodellati a piacimento?

Ed allora la crisi della coppia, quella che conduce alle brutalità, alla sopraffazione, all’umiliazione, quella che trasforma una relazione in un incubo dal quale è difficile svegliarsi, passa attraverso la crisi culturale, economica, spirituale del singolo, arroccato in una difesa dell’io a discapito della pluralità e, dunque, di fidanzata, compagna, moglie, figli, con l’inevitabile oscuramento dei canali della comunicazione serena, altruistica, nell’interesse del nucleo familiare e conseguente navigazione senza rotta, a vista, contro gli scogli.

Per quanto ogni esternazione culturale, sociale, politica, possa sembrare innovativa, moderna, trascinante, evoluta, sembra che le domande e le risposte siano le stesse di sempre, ma forse suona troppo banale convalidarle. O no?

Sandro Cutrignelli
Sostituto Procuratore della Repubblica – Firenze