Corruzione: stracciarsi le vesti non basta!

La triste e significativa “vicenda” di Roma non è un fulmine a ciel sereno, come si vuol far credere, ma la logica conseguenza di molte forzature avvenute nel corso degli ultimi lunghi anni tormentati ed equivoci della cosiddetta Seconda Repubblica. Gli accadimenti capitolini sono clamorosi ma non meno dei sintomi e delle esperienze avute nella pletora delle articolazioni istituzionali dei territori italiani.

Da tempo, in vari ambienti liberi sociali e culturali, si è segnalato che le forzature di decentramento avvenute nell’ultimo ventennio avrebbero diffuso la corruzione a causa dell’impossibilità di controllo dei mille punti di potere, cosa questa agevolata dalla scomparsa di qualsiasi autorità di verifica nei procedimenti della spesa pubblica locale.

La politica ha assommato i due poteri che devono essere sempre scissi tra loro: quello dell’indirizzo e controllo da quello della gestione; sono stati rotti gli argini tradizionali nell’amministrazione delle risorse pubbliche attraverso la surroga del compito manageriale. E’ in questo clima che la corruzione è esplosa a dismisura, con un aumento delle articolazioni istituzionali locali, l’indebolimento della responsabilità del management, l’inesistenza dei ruoli di controllo, la proliferazione delle esternalizzazioni dei servizi pubblici.

Come si supera tutto ciò? Vanno rivisti gli assetti amministrativi, seppellendo il concetto di poteri concorrenti (che il titolo V della costituzione ha ingenerato). Dentro questo quadro, va ricostruita un’idea di Regione attraverso macro-aree, per contenere la spesa e ridefinire una corretta diffusione dei compiti; la politica deve tornare al suo ruolo di controllo e il management alla gestione controllata.

Gli sprechi devono essere eliminati, partendo dai 10.000 comuni italiani che si devono consorziare in aree vaste almeno per la gestione dei servizi; lo stesso vale per le municipalizzate. Agire su dove si annida la corruzione vuol dire innanzitutto ripensare al concetto di esternalizzare i servizi pubblici, scelta che alla prova dei fatti quasi sempre non ha prodotto maggior efficienza e minor costo; e bisogna parimenti agire sulle concessioni e sulle convenzioni.

Attualmente viviamo in una realtà di spesa pubblica locale senza controlli, è inutile stracciarsi le vesti e gridare “cacciamo i corrotti”. Ne verranno altri se non si cambia il sistema; ed è quest’ultimo l’imperativo categorico per la politica e l’intera società.