Caso Yara tra polemiche e talk show

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Novembre 2011 ore 17 circa, Yara, allora tredicenne, si reca in palestra come sempre ma non tornerà mai più a casa. Angoscia e paura si susseguono alla speranza di ritrovarla. Il tempo incalza e i pensieri più terribili si fanno spazio nella mente dei genitori di questa ragazzina che non ha avuto da offrire in pasto ai giornali nessun segreto inconfessabile che potesse farne estrapolare un ritratto ambiguo e giustificarne l’assenza. Poi il suo ritrovamento a febbraio, in quello squallido pezzo di parco semideserto, toilette di animali domestici, che ha visto congelarsi il suo minuto corpo e i suoi sogni innocenti. Non era, la sua, una fuga da preadolescente ribelle né aveva qualche torbida relazione virtuale, nessuno scenario se non la sola passione per la ginnastica. In casi come questi, di una bambina dalla vita innocente, trasparente e pulita, cresce e si insinua il sospetto che chi ha ucciso sia un orco, come ha dichiarato il parroco di Brembate.

Da quel 2012 abbiamo letto, visto, sentito ogni giorno, fino a ieri, qualunque cosa si potesse scrivere, vedere e sentire. I media come i tossici in crisi di astinenza in cerca di una dose, hanno iniettato ogni informazione, buttandola lì, di getto, prima ancora che potesse essere smentita, con affermazioni che hanno sfiorato la chiaroveggenza. Adesso l’accanimento, dopo tanto tempo, è tutto concentrato su questo operaio che induce in contraddizione già solo per come schiarisce i capelli mentre abbronza in modo ossessivo la pelle. Nessuno di noi vorrebbe essere al suo posto perché quando si va a caccia di un mostro e si pensa di averlo trovato tornare indietro è vietato come invertire la marcia in autostrada.

Lui attende che il magistrato si pronunci sulla richiesta di scarcerazione, ma qualunque sia la verità la sua vita è rasa al suolo comunque. Come uomo ha un basso profilo, non induce a nutrirne stima, ma che sia un pessimo uomo, se sono vere certe sue perversioni, è una cosa. Altra storia se fosse un assassino e un mostro. Nell’attesa che si renda giustizia a questa giovanissima ginnasta i media e gli investigatori si avvicendano in uno show che non tiene in alcun conto la famiglia. Sarebbe dovere di tutti mantenere un ossequioso silenzio mostrando rispetto per questi due genitori che con grandissima dignità e con immenso ma composto dolore aspettano da quel 26 novembre di affrontare la verità e provano minuto dopo minuto a vivere una vita senza la loro piccola Yara.