Babbo Natale esiste e non porta regali solo ai bambini buoni, parola di scienziati

Natale

Babbo Natale, l’uomo vestito di rosso che cavalca i cieli nella notte del 24 dicembre, esiste. E non porta doni solo ai bambini che hanno avuto un comportamento eccepibile durante l’anno. O meglio, essere buoni è solo uno dei criteri, ma non è il più importante. E’ quanto afferma un team internazionale di ricercatori che per un giorno hanno deciso di chiudere in un cassetto il rigore e l’obiettività scientifica per dedicarsi ad approfondire il modus operandi di Santa Claus. Il tutto partendo dall’assioma che sia una persona in carne e ossa.

Pubblicato sull’edizione natalizia del “British Medical Journal“, lo studio, condotto dagli scienziati con base in Usa e Inghilterra alla ricerca dei fattori che influenzano l’arrivo o meno di Babbo Natale, sfata il mito dei buoni e cattivi. Il re del Polo Nord non premierebbe sulla base di quanto siano stati bravi nel corso dell’anno che volge al termine. I risultati della loro indagine indicano un ruolo maggiore giocato dalla “deprivazione socioeconomica” nel determinare la visita dell’uomo barbuto vestito di rosso. La ricerca si è concentrata sugli ospedali con reparti pediatrici, e gli esperti si sono spinti a misurare persino la distanza di questi centri dal Polo Nord. Esaminando ogni struttura del Regno Unito e richiedendo dati tramite domande poste ai piccoli pazienti, hanno tentato di scoprire se Santa Claus l’aveva visitata durante il Natale del 2015.

Hanno poi fatto una correlazione con i tassi di assenteismo nelle scuole elementari, i tassi di “condanne” fra i giovani (età 10-17 anni), la situazione socio-economica e la distanza dal “quartier generale” di Babbo Natale, punto di partenza della slitta. Il risultato è strabiliante: Santa Claus nel 2015 è passato nella maggior parte dei reparti pediatrici. L’89% in Inghilterra, il 100% in Irlanda del Nord, il 93% in Scozia e il 92% in Galles. Ma le probabilità di una mancata visita sono risultate significativamente più alte per i reparti localizzati nelle aree più svantaggiate, con maggiore deprivazione socio-economica. Al contrario, non vi era alcuna correlazione con assenteismo scolastico, tassi di condanna, o distanza dal Polo Nord.

I ricercatori non sono in grado di spiegare il motivo per cui esista questa associazione con il fattore socio-economico, ma dicono che un’ipotesi può essere che Babbo Natale sia in qualche modo costretto a sostenere la disuguaglianza esistente, poiché il suo contratto non gli permetterebbe di modificare lo status sociale di nessuno. Secondo gli esperti, dunque, non sarebbe nelle sue “regole d’ingaggio”. Il team di scienziati poi, chiamando a uno sforzo d’indagine altri gruppi di ricerca, segnala che sono necessari ulteriori studi per esaminare se Babbo Natale discrimini attivamente o se fattori strutturali più profondi siano in gioco.

Per lungo tempo si è pensato che Santa Claus porti i doni ai bambini buoni, ma non ai cattivi – si legge sul giornale -. Questo, per quanto ne sappiamo, è il primo lavoro a sfatare il mito secondo cui agisce in base ai comportamenti dei piccoli e ipotizza che la deprivazione socio-economica giochi un ruolo più importante nel determinare il suo arrivo. Indubbiamente fattori più profondi sono in gioco, per esempio elementi che impattano sulla capacità di Babbo Natale di raggiungere ogni bambino. Sia che il suo ‘contratto’ debba essere rivisto o che dei ‘Babbi Natali’ locali debbano essere assunti in zone difficili da raggiungere – concludono gli autori – tutto quello che vogliamo è che ogni bambino sia felice questo Natale“.