A SCUOLA FINO A 18 ANNI: UNA PROPOSTA CHE DIVIDE

“Io sarei per portare l’obbligo scolastico a 18 anni perché un’economia come la nostra, che vuole davvero puntare su crescita e benessere, deve puntare sull’economia e sulla società della conoscenza”. E’ quanto affermato dal ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, nel suo intervento al Meeting di Comunione e Liberazione. Parole pronunciate a poche settimane dalla firma del decreto con il quale si dà il via alla sperimentazione del diploma in soli 4 anni. Affermazioni contrastanti che hanno lasciato perplesso il mondo della scuola, dai docenti agli alunni, dividendo i sindacati.

Fedeli: “Licei brevi e scuola dell’obbligo fino a 18 anni”

Per portare la scuola dell’obbligo da 16 a 18 anni, è necessaria una “rivisitazione complessiva dei cicli scolastici da un punto di vista della qualità dei percorsi didattici interni”, ha detto la Fedeli, aggiungendo: “Il percorso educativo e formativo, che non smette mai nel corso della vita, ha comunque bisogno di avere una più larga partecipazione possibile, almeno fino a 18 anni. Il sapere e le nuove competenze sono elemento fondamentale“. Nel decreto firmato il 7 agosto, circa la sperimentazione del liceo breve, il ministro impone alle scuole di garantire agli studenti il raggiungimento di tutti gli obiettivi specifici di apprendimento del percorso di studi scelto in quattro anni di apprendimento, eventualmente anche potenziando l’orario. Dunque, gli alunni spenderanno buona parte delle loro giornate all’interno della mura scolastiche, sosterrebbero l’esame di maturità un anno prima rispetto alla legge vigente, con una preparazione che rischia di essere inferiore.

La scuola dell’obbligo in Europa

L’innalzamento dell’obbligo scolastico è una questione che la sinistra ha sempre sostenuto, trovando in parlamento l’opposizione della destra. Negli altri Paesi dell’Ue, la durata dell’obbligo scolastico varia da un minimo di 9 a un massimo di 13 anni (solo in Olanda). In generale, la stragrande maggioranza delle nazione dell’Unione fa terminare l’obbligo tra i 15 e i 16 anni di età, di solito coincidenti con la fine dell’istruzione secondaria di primo grado, o con i primi due anni della scuola secondaria di secondo grado, come accade al momento anche in Italia. In questi stati l’inizio dell’obbligo è stabilito a 6 anni, in coincidenza con l’inizio delle scuole elementari. Sono nove, invece, le nazioni che fanno cominciare la scuola dell’obbligo a 5 anni: Grecia, Lettonia, Ungheria, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Inghilterra, Galles e Scozia. Ci sono anche Paesi, quali il Lussemburgo, Cipro e Irlanda del Nord che hanno fissato l’inizio dell’obbligo a 4 anni. Cinque sono gli stati europei che stabiliscono l’inizio dell’obbligo scolastico a 7 anni: Finlandia, Svezia, Lituania, Estonia e Bulgaria.

Il parere dei professori

Tra gli insegnanti serpeggiano un certo malcontento e molto scetticismo riguardo le due proposte avanzate dal ministro Fedeli. E non sono mancate aspre critiche. “Sono entrambe affermazioni ridicole. Un ragazzo che è andato a scuola perché obbligato, non sarà mai preparato come un ragazzo che va a scuola perché motivato. E’ un’assurdità paurosa – ha commentato Donato M., docente di matematica e fisica – L’obbligo dovrebbe tornare a 14 anni massimo. È giusto che vada a scuola chi vuole studiare sul serio”. Secondo il professore di matematica, ci sarebbe il rischio “di avere tanti ragazzi che andranno all’università controvoglia, quando potremmo avere tanti giovani che potrebbero imparare un mestiere in giovane età e fare strada in altri campi“. E sulla sperimentazione del liceo in 4 anni ha dichiarato: “Credo che l’obiettivo del governo sia quello di risparmiare, togliendo lavoro a tanti docenti. È impensabile – ha sottolineato -, in un Paese in crisi, tagliare posti di lavoro”. Una scelta che potrebbe far diminuirebbe la qualità dell’istruzione: “E’ impensabile fare un programma di liceo scientifico di matematica in soli 4 anni, per fare la seconda prova di maturità ne servirebbero anche 6″.

Sulla stessa scia si pone anche Maria G., insegnante di letteratura italiana e latina, che ha così commentato le proposte del Miur: “I licei in 4 anni sono una cosa assolutamente non fattibile. La Fedeli propone cose pensando solo ad un possibile tornaconto economico, senza salvaguardare né l’istituzione scuola né gli allievi, che sarebbero solo bombardati da tante notizie ‘donate’ male per la fretta, nel non rispetto dei loro tempi di apprendimento!”. Diminuire il numero degli anni del liceo, ha proseguito, “credo sarebbe un violare i desideri degli allievi, soprattutto quelli degli istituti professionali, che riuscendo a prendere una prima qualifica a 16 anni possono tranquillamente andare a lavorare. Al contrario, gli studenti dei licei a quell’età non smettono di frequentare la scuola. Sarebbe superfluo fare una riforma esclusivamente per loro. Credo che il ministro non rispetti la maturità, la volontà e i tempi degli allievi; è una persona che lavora da lontano senza avere la minima consapevolezza di cosa sia la scuola e il rapporto alunno insegnante, legame teso a fare emergere le peculiarità e le potenzialità dei ragazzi e non a ‘far tornare i conti’ al Ministero”.

Anche Giovanna B., docente di scienze umane, si è detta contraria alla riduzione degli anni del liceo: “Da quando insegno ho come l’impressione che si vogliano rendere le persone ignoranti. Accorciare i tempi della scuola significherebbe sottrarre spazio a concetti che lo stesso Ministero impone di rispettare a noi professori nei programmi”. Dello stesso parere anche Ilaria, insegnante di lingue straniere: “E’ impensabile ridurre gli anni delle scuole superiori. Non si riuscirebbe a dare un’istruzione completa ai ragazzi, ma una semplice infarinatura”.

Sindacati divisi

Secondo i professori, dunque, c’è il rischio di dar vita a un sistema scolastico in formato “Bignami”, scarso di contenuti. Divisi i sindacati. “Non è la priorità, sono più importanti i contenuti – ha dichiarato Lena Gissi della Cisl scuola – Spero non ci sia la volontà di rimettere in gioco la scuola solo sotto un profilo di facciata”. Al contrario, per la Cgil, portare l’obbligo scolastico a 18 anni “sarebbe una scelta importante e giusta ma crediamo – ha dichiarato il segretario generale per la scuola Francesco Sinopoli – che la ministra dell’Istruzione, per essere coerente, avrebbe dovuto, prima di iniziare la semplice sperimentazione dei licei e degli istituti tecnici a 4 anni, avviare una riflessione sui cicli scolastici e sui bisogni reali della scuola rispetto agli obiettivi, che sono aumentare l’inclusione e superare le diseguaglianze, missione che peraltro la scuola dovrebbe sempre avere”. A frenare le proposte del Miur anche l’Associazione Nazionale Presidi, che si è detta favorevole all’innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni a patto che si realizzi “un reale potenziamento qualitativo dell’offerta formativa e non solo quantitativo”.