Bielorussia, nuova marcia anti-Lukashenko: oltre 100 arresti

Migliaia di manifestanti a Minsk. La leader Tikhanovskaya: "Non ci fermeremo fino a quando non saranno liberati i prigionieri politici"

Nuova giornata campale in Bielorussia, dove i dimostranti anti-Lukashenko tornano a prendersi la piazza. E, con essa, le repressioni delle Forze dell’ordine. Più di cento persone sono state arrestate a Minsk, capitale bielorussa, in una marcia partecipata da migliaia di persone che, addirittura, si sarebbe trovata di fronte all’aut aut della Polizia, che avrebbe minacciato di aprire il fuoco se non si fosse sciolto il corteo. Un’ondata di arresti che ha trovato riscontri ufficiali da parte del Ministero dell’Interno: “Finora più di 100 persone sono state fermate a Minsk”, ha detto il portavoce Olga Chemodanova. Cronaca di quello che, in Bielorussia, è il decimo fine settimana consecutivo che vede strade e piazze di Minsk invase dai manifestanti.

La Bielorussia che protesta

A guidare le proteste anti-Lukashenko è la leader dell’opposizione, Svetlana Tikhanovskaya. La quale, a ogni modo, è ancora in Lituania, dove si è rifugiata dopo le elezioni che l’hanno vista come candidata più votata fra gli oppositori di Lukashenko. “Ci fermeremo solo quando ogni prigioniero politico sarà libero – ha detto -, quando i membri delle forze dell’ordine inizieranno a difendere il popolo, e lo stato di diritto e le elezioni oneste torneranno in Bielorussia”. La questione dei detenuti politici è uno dei principali elementi di destabilizzazione nel Paese. E, nondimeno, nelle sue relazioni con la Comunità internazionale. L’Unione europea ha già fatto sapere al presidente che, da novembre, non lo riconoscerà più come tale. La delegittimazione dei bielorussi, invece, è arrivata da un pezzo. Ovvero dopo il giuramento in segreto fatto da Lukashenko, mentre in piazza si svolgeva l’ennesima manifestazione contro di lui.

Verso lo sciopero

Ormai dal 9 agosto scorso, quando si sono svolte le elezioni che hanno consegnato ad Aleksander Lukashenko il sesto mandato (il primo fu nel 1994). Votazioni che non hanno convinto né l’opposizione né il popolo bielorusso. E, questa volta, nemmeno gli attori internazionali, che hanno fin da subito chiesto chiarezza sul voto. Da lì, fra chi è rimasto per guidare la protesta come Antonina Konovalova, poi arrestata, e chi ha preferito riparare fuori dal Paese, come Tikhanovskaya e la Nobel Aleksievic, il dissenso popolare non si è mai femato. “In maniera pacifica, ma con insistenza”: così la leader anti-Lukashenko ha definito la linea da seguire. Con un nuovo ultimatum dato al presidente: dimettersi entro il 25 ottobre o trovarsi fra le mani uno sciopero generale. Eventualità che all’economia bielorussa non farebbe bene. E, probabilmente, unica vera possibilità per convincere Lukashenko a fare un passo indietro.