Cina: proteste anti-lockdown alla Tech University di Nanchino

Proteste anti-lockdown in Cina, alla Tech University di Nanchino. Gli studenti temono di non poter tornare a casa per le vacanze invernali a causa delle chiusure

Proteste anti-lockdown in Cina, alla Tech University di Nanchino. Gli studenti temono di non poter tornare a casa per le vacanze invernali a causa delle chiusure.

Cina: proteste anti-lockdown alla Tech University di Nanchino

Proteste anti-lockdown si sono tenute alla Tech University di Nanchino, nella Cina orientale, dove gli studenti hanno scandito slogan anti-governativi dopo il lockdown imposto per un solo caso positivo al Covid-19. “Vogliamo andare a casa” e “leader, dimettetevi” sono stati alcuni degli slogan intonati dagli studenti, secondo quanto riportano le agenzie internazionali, all’indomani della decisione del campus di attuare per cinque giorni la gestione chiusa, ovvero il lockdown. Una studentessa citata dall’Afp, che ha confermato le manifestazioni, ha dichiarato che gli studenti protestavano per lo scarso preavviso dell’attuazione della misura e per il timore di non potere tornare a casa durante le vacanze invernali.

Le proteste giungono a pochi giorni dalle manifestazioni anti-lockdown che si sono tenute in molte grandi città cinesi, le più estese da quando Xi Jinping è salito al vertice del potere in Cina, alla fine del 2012, e a cui Pechino ha risposto arrestando gruppi di manifestanti e con allentamenti alle misure restrittive della linea “zero Covid”. Ad animare le proteste di fine novembre, tra gli altri, erano stati proprio gli studenti delle università cinesi, anche nella capitale.

Il Dragone cambia approccio

Diverse città della Cina, tra cui Pechino, Shanghai e Guangzhou, hanno già attuato allentamenti alla linea di tolleranza zero verso il virus, permettendo, per esempio, l’ingresso in luoghi pubblici senza bisogno di mostrare l’esito dell’ultimo tampone, e autorizzando la quarantena domiciliare ai contatti stretti dei contagiati; ma secondo i calcoli degli analisti di Nomura, sarebbero ancora 53 le città cinesi, dove vive circa un terzo della popolazione, in cui permangono restrizioni.

La Cina è nel pieno della peggiore ondata di contagi dall’inizio della pandemia, anche se circa il 90% dei nuovi contagi giornalieri è asintomatico, e i decessi sono pochi. Dal governo sono arrivati segnali di un possibile cambio di approccio, con la vice premier, Sun Chunlan, che ha in carico la gestione della pandemia a livello nazionale, che ha parlato di una “nuova situazione” in corso, e i media statali (il magazine economico-finanziario Yicai) che hanno aperto alla possibilità, già da gennaio prossimo, di un declassamento della gestione della malattia – e di un relativo rilassamento dei protocolli sanitari – in virtù di un indebolimento del virus. Nonostante gli allentamenti già approvati, la vita stenta a tornare alla normalità in molte città, dove il sollievo per le aperture si mischia alla paura di contrarre il virus, soprattutto tra la popolazione anziana, dove più basso è il tasso di vaccinati.

Fonte: Agi