LA VIA LATTEA TRABALLA E POTREBBE “PRESTO” DISTRUGGERSI

La Via Lattea – la galassia alla quale appartengono il sistema solare e la Terra – “traballa” al punto da potersi rompere tra qualche miliardo di anni. Lo indica una delle primissime osservazioni realizzate da Gaia, il satellite lanciato nel 2013 dall’Agenzia Spaziale Europea (Esa) che sta realizzando la più completa e precisa mappa in 3D della galassia. I dati sono stati presentati martedì scorso alla comunità scientifica presso l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi).

“L’analisi dei dati inviati da Gaia inizia ora, ma un aspetto visibile sin da subito è che il piano della nostra galassia appare ‘tiltato’, con curvature che lo rendono irregolare”, ha detto Mario Lattanzi, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e responsabile scientifico del centro di analisi dati dei Gaia, il Dpac (Data Processing and Analysis Consortium), interpellato dall’Ansa. “Ciò significa – ha aggiunto – che la Via Lattea cambierà nel tempo e che tra miliardi di anni potrebbe distruggersi”.

Sappiamo ancora poco della nostra Galassia, il cui nome (Via Lattea) deriva dalla mitologia greca: i nostri antichi antenati ellenici ritenevano che fosse stata generata dal latte fuoriuscito da Era mentre allattava Eracle. In base agli studi più recenti, la Via Lactea è una galassia a spirale barrata, ovvero una galassia composta da un nucleo attraversato da una struttura a forma di barra dalla quale si dipartono i bracci di spirale con andamento logaritmico.

Il suo disco stellare ha un diametro di circa 100 000 anni luce e contiene da 200 a 400 miliardi di stelle. Definire l’età esatta della Via Lattea presenta notevoli difficoltà; l’età della stella più antica conosciuta nella Galassia, Hd 140283, ha circa 13,6 miliardi di anni, una datazione non molto diversa da quella dell’Universo stesso.

Proprio perché la Via Lattea è ancora avvolta nel mistero, ha notevole importanza il lavoro che svolge da tre anni il satellite Gaia, impegnato a misurare distanza, luminosità e molti altri parametri di circa 1 miliardo di stelle per costruire così la più dettagliata mappa dell’ambiente che circonda il nostro pianeta. “Lo sta facendo con una precisione come mai fino ad ora”, ha spiegato Barbara Negri, responsabile Osservazione e Esplorazione dell’Universo di Asi. “Ben tre volte meglio di quanto fatto dalla precedente missione europea Hipparcos”, ha precisato Lattanzi.

Il satellite è stato finanziato dall’Esa e realizzato da una cordata europea di imprese guidata da Airbus Defence and Space. L’eccellenza italiana è stata rappresentata da: Leonardo-Finmeccanica che ha fornito i sensori necessari al mantenimento della posizione del satellite e gli schermi di protezione dal calore del Sole; Thales Alenia Space (joint venture Thales e Finmeccanica) con specifici sistemi di comunicazione e Telespazio (joint venture tra Leonardo e Thales) per aspetti legati alle operazioni di lancio e controllo missione. L’Italia riveste anche un fondamentale ruolo scientifico grazie agli oltre 70 ricercatori Inaf e Asi che collaborano all’analisi dei dati, con i centri Altec a Torino, dove vengono archiviati i dati prodotti dal telescopio Gaia, e con l’Asi Science Data Center, che gestisce l’analisi dei dati, situato a Roma.