“Realiti”, dopo gli insulti a Falcone e Borsellino, ecco la replica di Borrometi Usigrai

Non si fermano, giustamente, le dure polemiche intorno alla prima puntata della tasmissione di “Realiti” di Rai2. E' lo scorso 5 giugno quando viene mandato in onda il programma condotto da Enrico Lucci che per il debutto ospita due cantanti neomelodici: uno è Leonardo Zappalà, 19 anni, in arte “Scarface”, l'altro è Niko Pandetta, alias “Tritolo”, che alcuni definiscono “il re del neomelodico catanese”, nipote di Turi Cappello, boss condannato al carcere a vita per reati di mafia. Già dai nomi d'arte, per usare un eufemismo, i due cantanti non usano toni pacifci. Fin qui tutto abbastanza lecito, i problemi sono iniziati quando nel corso della trasmissione è stato proiettato un video di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i due magistrati uccisi dalla mafia nel 1992.

I commenti allusivi e le dediche dei due cantanti

Leonardo Zappalà, dopo aver visto il filmato, ha dichiarato: “Queste persone che hanno fatto queste scelte di vita le sanno le conseguenze. Come ci piace il dolce ci deve piacere anche l’amaro”. Parole che non lasciano spazio ad interpretazioni e che feriscono in maniera profonda il Paese e la sua Storia. Ma non è finita qui perché dopo una frase del genere, anche il suo collega ha espresso le sue “preferenze” in fatto di legalità. “Mio zio (Salvatore Cappello attualmente detenuto ndr) scrive i testi delle canzoni dal 41 bis, il primo cd l'ho finanziato con una rapina”, difficilmente l'avrebbe potuto esplicitare in maniera più chiara di così. Senza dimenticare i “versi” presenti nella canzone “Dedicata a te”: “Zio Turi ti ringrazio per quello che hai fatto per me, sei stato la scuola di questa vita e per colpa di questi pentiti stai chiuso lì dentro al 41 bis“. 

L'intervento di Paolo Borrometi 

Inevitabile che la prima puntata della trasmissione “Realiti” finisse sotto l'occhio del ciclone mediatico e non. Paolo Borrometi, presidente di Articolo 21 e giornalista sotto scorta a cause delle intimidazioni mafiose ricevute, ha commentato su Facebook: “Il problema è che “personaggetti” del genere non meritano di andare in Rai. Ed è grave che vengano invitati. Così come l'altro suo “collega”, tale Niko Pandetta, che, sempre su Rai2, ci ha spiegato che lo zio ergastolano (boss al carcere duro per mafia), Turi Cappello, scriva le sue canzoni dal carcere”. 

E ancora: “Proprio quel Cappello che ha dato il cognome al clan Cappello di Catania che, secondo i Magistrati, doveva realizzare un attentato con un'autobomba nei miei confronti e nei confronti degli Uomini della mia scorta. Ma è possibile tutto ciò? C'è chi è morto per la Giustizia, c'è chi dovrebbe saltare in aria secondo i piani dei clan. E la Rai cosa fa? Fa parlare chi inneggia ai boss?”. 

Il voucher incriminato

Eppure per la Rai i problemi non sono finiti. Perché lo stesso Niko Pandetta ha pubblicato un altro post dove diffonde il buono con cui l'azienda di Stato gli avrebbe pagato la trasferta e l'albergo per poter partecipare alla trasmissione. Sull'ultima sfaccettatura di questo caso è intervenuto con un tweet Vittorio Di Trapani, il Segretario Generale dell'Usigrai, il sindacato dei giornalisti della Rai. 

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Da Viale Mazzini hanno cercato di togliersi dagli impicci cancellando la prima puntata di “Realiti” dalla piattaforma Raiplay. Senza dubbio un segnale, nonostante quanto sia successo di fronte a milioni di telespettatori sia quasi imperdonabile.