Mala del Brenta: la “guerra” dei vecchi boss con il touch screen

La Gip di Venezia ha disposto 39 misure cautelari a carico di vecchi e nuovi componenti della malavita un tempo capeggiata da Felice Maniero

E’ “guerra” tra i boss della vecchia Mala del Brenta e la moderna tecnologia, come quella degli smartphone equipaggiati con il touch screen.

“Ma cosa è questo touch screen?” chiede infatti in una intercettazione telefonica un vecchio boss del gruppo criminale ad un sodale che deve fornirgli un telefono sicuro. “E’ quello di ultima generazione, con WhatsApp, che chiama senza schiacciare” i tasti, spiega l’uomo al boss, non proprio al passo coi tempi.

Un touch screen per il boss

Il dialogo avrebbe del comico se non fosse che il telefono con “il touch screen” – riporta il Gazzettino – è quello che deve essere portato a Gilberto Boatto, ritenuto il capo della rinascente Mala del Brenta, per contattare in sicurezza un boss della mafia siciliana al quale deve fornire una pistola.

La discussione rientra nelle intercettazioni presenti nell’ordinanza con cui la Gip di Venezia Barbara Lancieri ha disposto 39 misure cautelari a carico di vecchi e nuovi componenti della malavita un tempo capeggiata da Felice Maniero, il noto criminale italiano che fu a capo della Mala del Brenta.

“Ascolta, – dice allora il vecchio boss veneto al suo affiliato -. Quando lo chiamo fai il numero tu“. Nell’ordinanza la Gip osserva come si tratti di una conversazione emblematica: “mentre il vecchio boss è stato in carcere, il mondo è andato avanti e anche uno strumento semplice come un telefono cellulare per lui è diventato un mezzo da usare con l’ausilio di un esperto”.

Felice Maniero

Soprannominato “Faccia d’Angelo”, Felice Maniero è nato a Campolongo Maggiore il 2 settembre 1954. Dall’adolescenza in poi ha commesso rapine, assalti a portavalori, colpi in banche e anche in uffici postali, ed è stato accusato di omicidi, traffico di armi, droga e associazione mafiosa.

Scontata la pena detentiva nel 2010, il 5 ottobre 2021, al termine del procedimento giudiziario e dei processi, è stato condannato in via definitiva dalla Corte di Cassazione a quattro anni di carcere per maltrattamenti.