Titoli di Stato, la Grecia scavalca l’Italia

Sembrava impossibile ma è accaduto. Per i mercati acquistare titoli di Stato greci è meno rischioso che investire su quelli italiani. “I rendimenti dei bond governativi di Atene sono diventati meno cari dei rispettivi BTp italiani su varie scadenze della curva: 5, 7 e 15 anni – osserva il Sole 24 Ore -. Il sorpasso c’è stato (a livello intraday) anche sulla durata, simbolicamente più rilevante, di 10 anni”.

Tre piani di salvataggio

Giovedì 7 novembre i tassi dei titoli a 10 anni di Atene sul mercato secondario sono scesi nel corso della giornata su un livello più basso rispetto ai BTp di pari durata. Non accadeva dal 2008, da prima che la Grecia sprofondasse in una profonda crisi del debito sovrano che poi ha affrontato con tre piani di salvataggio (prestiti della troika condizionati all’adempimento di riforme socialmente lacrime e sangue). “Ma il clamoroso sorpasso della Grecia sull’Italia era ormai nell’aria da qualche giorno – puntualizza il quotidiano della Confindustria -. A fine seduta l’Italia si è riportata in vantaggio di 2 punti base (1,25% contro 1,27%). Ma siamo sostanzialmente lì. Anzi, come evidenzia lo spread sulle curve del debito (su più durate) oltra al sorpasso intraday sui 10 anni, la Grecia ha chiuso l’ultima seduta in vantaggio sulle scadenze a 5, 7 e 15 anni”.

A caccia di rendimenti accettabili

Si tratta di pochi punti base ma che fanno certamente notizia considerando che la Grecia ha un rating (BB-) inferiore di quattro gradini rispetto a quello italiano (BBB); 2) a inizio anno l’Italia esibiva un vantaggio di 170 punti sulla parte a 10 anni. “Come mai in pochi mesi l’Italia ha dilapidato questo divario? – si chiede il Sole 24 Ore -. Nel frattempo il rendimento dei titoli italiani non è peggiorato. Anzi è sceso sensibilmente (dal 2,8% all’1,25%, con una punta allo 0,8% ad agosto)”. Ma è sceso ancor di più il tasso di Atene che da gennaio è piombato dal 4,38% all’1,27%.

Rating

“In un mondo in cui molti bond girano a tassi negativi e dove è complicato trovare rendimenti accettabili sul mercato obbligazionario gli investitori sono tornati a riconsiderare la Grecia come un’opportunità – commenta un trader al quotidiano diretto da Fabio Tamburini -. Soprattutto dopo le lezioni del 7 luglio di Atene che hanno portato al governo il leader del partito di centro-destra Nuova Democrazia, Kyriakos Mitsotakis, e hanno sancito l’uscita di scena di Alexis Tsipras. Mitsotakis si è detto sin dalla campagna elettorale favorevole a politiche neo-liberiste, le stesse gradite ai mercati e agli investitori internazionali. E questo spiega tutto il resto”. Quanto visto in Grecia, secondo il Sole 24 Ore, è la prova lampante che la politica influenza in questa fase, più del rating o delle prospettive immediate di crescita del Pil o dell’andamento dell’inflazione, l’andamento dei bond governativi. La stessa politica che ha fatto ballare di molto i rendimenti dei BTp.

Fanalino di coda dell’Eurozona

A novembre 2019 lo spread con la Germania, riferisce il quotidiano della Confindustria, balzava oltre i 300 punti con il rendimento del BTp che si impennava al 3,5% in occasione degli attacchi della maggioranza Lega-M5S all’establishment europeo in occasione dell’approvazione della Legge di Bilancio. “La nuova maggioranza Pd-M5S – subentrata dopo il ribaltone governativo di agosto 2019 – ha riportato il sereno instaurando un clima più collaborativo con le istituzioni europee – precisa il Sole 24 Ore -. Ma, seppur calati in misura anche importante, i rendimenti restano ancora elevati e a questo punto su varie scadenze sono diventati ufficialmente i più cari dell’Eurozona, considerato il sorpasso della Grecia su una parte della curva del debito. Chiediamo alla Banca centrale europea quali sarebbero i rendimenti di Atene se entrasse a far parte del piano di quantitative easing (la fase 2 è partita a novembre e prevede l’acquisto di titoli per 20 miliardi di euro al mese) della Bce?” Al momento la Grecia è l’unico Paese escluso. Ma non è detto che in futuro, visto come stanno andando le cose, non possa rientrare.

Riflettori puntati sulla politica

“A quel punto l’Italia rischia di essere davvero l’ultima ruota del carro su tutte le scadenze, rendimenti alla mano, sia dell’Eurozona sia dei Paesi più fragili dell’area”. La “protezione” offerta dal Qe (acquisto di titoli da parte della Bce al ritmo di 20 miliardi al mese) dovrebbe garantire una relatività stabilità per la carta italiana. “Anche se gli investitori mantengono i riflettori puntati sull’andamento politico, consapevoli che al di là del fatto che non faccia più parte della maggioranza di governo, il primo partito in questo momento resta nettamente la Lega, in passato più volte espressosi con toni euroscettici (il vero timore per gli investitori). Resta poi da superare il test della manovra di Bilancio – precisa il quotidiano -. L’Unione europea a questo giro offre più flessibilità (circa 12 miliardi) ma eventuali tensioni del governo sulle singole misure potrebbero far emergere qualche scricchiolìo nascosto in una maggioranza che in ogni caso sembra poggiare su basi fragili. l’Italia continua ad essere cara”. Infatti, “paga un premio di 80 punti base rispetto alla Spagna e di 86 sul Portogallo. La nuova era dei tassi bassi ha ridato slancio ai Piigs l’acronimo con cui fino a qualche anno fa venivano etichettati Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna. Ma tra questi l’Italia è quello che arranca di più”.

Se Roma piange, Atene non ride

“Nel Paese stremato da anni di sacrifici il 40% della popolazione vive sotto la soglia della povertà – analizza Avvenire in un reportage dalla Grecia -. Il governo punta su politiche per le classi meno abbienti, ma i margini sono stretti”. Il Paese è stremato da dieci anni di sacrifici, che hanno impoverito gran parte della popolazione, e “iniziano a vedersi forti differenze sociali fra chi si è lasciato la crisi alle spalle ed è pronto per ricominciare e chi non vede fine a una condizione di miseria e privazioni”. Per accorgersene, secondo il quotidiano della Bei basta fare un giro per le strade di Atene. La capitale greca si divide fra chi, molto pochi, guarda al futuro con rinnovato ottimismo e chi, la maggior parte, non si è ancora accorto che l’austerity, almeno dal punto di vista teorico, è finita. Il centro di Atene è un ribollire di locali nuovi, vita culturale sempre più vivace e investimenti. Il quartiere di Psirri, non lontano dalla zona monumentale e Monastiraki, sta cambiando letteralmente volto. “Un tempo era la zona turcofona della capitale, con le sue botteghe e i suoi angoli caratteristici- racconta Avvenire-. Oggi, anche grazie alla componente folkloristica che caratterizza le sue strade, si sta riempiendo di case in affitto per turisti, complice la posizione strategica e gli immobili acquistati a prezzi vantaggiosi. Che la Grecia, a modo suo, si stia riprendendo, se ne sono accorti anche gli investitori stranieri, che stanno tornando nel Paese e che, sulle coste vicine alla capitale, stanno costruendo alberghi categoria lusso, pronti ad accogliere il flusso di turisti in costante crescita”. In altri quartieri, però, cresce la rabbia della gente, anche a causa di un’emergenza migratoria che l’Ellade ha avuto ancora più difficoltà a gestire a cause delle condizioni economiche pessime.

Disparità sociali

Il risultato è che quartieri centrali della capitale, che un tempo erano aree residenziali, oggi sono in preda al degrado. La zona attorno a Piazza Omonia è da tempo sotto il controllo della microcriminalità, di spacciatori e tossicodipendenti che dormono sotto i portici o negli androni delle case. Le statistiche dicono che, nonostante secondo le stime il Pil greco crescerà del 2,2% nel 2019, il 40% delle persone vive sotto la soglia di povertà, percependo meno di 350 euro al mese. “Hanno dovuto rinunciare a tutto, iniziando da vestiti e vacanze, fino ad arrivare alle spese per il cibo e la sanità – sottolinea il quotidiano diretto da Marco Tarquinio -. Fra i più colpiti ci sono gli anziani. Il comune di Atene, in mezzo a mille problemi, cerca di fare la sua parte. Molti vengono aiutati dalla Chiesa Ortodossa, che da anni allestisce mense per i poveri, dove, allo stesso tavolo, si trovano chi ha perso tutto a causa della guerra e chi a causa di quella Ue nella quale si continua a credere ancora, ma solo perché senza le cose potrebbero andare ancora peggio”. In molti lavorano a queste mense come volontari, per riuscire a portare qualcosa a casa la sera, generi alimentari, a volte avanzi. “Esistiamo e basta ma non viviamo più – dichiara ad Avvenire Eftimia Konsta, che lavora in una delle mense comunali –. Io sono in pensione. Ho due figli che hanno perso entrambi il lavoro. Il nostro unico desiderio è avere qualcosa da mangiare. Sono in tanti a essere nelle nostre condizioni, gente che prima viveva in modo normale”. I giorni peggiori per l’Ellade sono finiti, ma l’incertezza è ancora molta.