“La crisi Covid richiede strategie di altro profilo e non tattiche di corto respiro”. Appello del vescovo Marino

Le scelte richieste dall'emergenza Covid: intervista di Interris.it al vescovo di Savona-Noli, monsignor Calogero Marino. Il cambio di passo necessario per uscire dal tunnel della pandemia sanitaria, sociale ed economica

Un salto di qualità attraverso “strategie di alto profilo” per uscire dal tunnel della pandemia sanitaria, sociale ed economico. A invocare un cambio di passo nell’affrontare l’emergenza Covid è il vescovo di Savona-Noli, monsignor Calogero Marino.

Angelus Gesù
Foto © Vatican Media

Incomunicabilità da Covid

“Rinasce, in questo tempo strano, la nostalgia di Pentecoste: lingue diverse, capaci di capirsi!“, evidenzia il presule ligure”. A aggiunge: “Nel suo Messaggio per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, Papa Francesco chiede ai giornalisti di ‘consumare la suola delle scarpe‘. Di ‘andare laddove nessuno va’. Altrimenti, diventa reale ‘il rischio di raccontare la pandemia, e così ogni crisi, solo con gli occhi del mondo più ricco. Di tenere una ‘doppia contabilità’”.CovidChi soffre maggiormente per la crisi Covid?

“Penso ai ragazzi e agli adolescenti. La didattica a distanza, peraltro inevitabile, ha aumentato le distanze culturali e relazionali. Tra chi è in possesso di computer adeguati e di accesso a Internet. E chi invece abita magari in una casa molto piccola. Dove lo stesso pc è ‘conteso’ tra diverse persone. Il rischio dell’abbandono scolastico aumenta. E il bisogno di un accompagnamento anche psicologico è davvero molto alto”.dadC’è sufficiente consapevolezza dei rischi per le nuove generazioni?

“Purtroppo no. Dalla consapevolezza di questa situazione dovrebbero nascere interventi adeguati. E soprattutto, personalizzati. Penso che anche la Chiesa non stia riuscendo fino in fondo a farsi carico della sofferenza dei nostri ragazzi. E il linguaggio i’stituzionale’ non aiuta”.CovidPuò farci un esempio?

“E’ sufficiente vedere le parole più frequentemente usate in tempo di pandemia. Dai responsabili delle istituzioni come dai mass media. Sono state quelle tipiche del linguaggio tecnico-scientifico e/o burocratico. Basti pensare alle dichiarazioni del Cts (comitato tecnico scientifico). O ai ripetuti Dpcm, decreti del presidente del Consiglio dei ministri. L’obiettivo, comprensibile e condivisibile, è stato quello di informare con chiarezza. Sugli effetti del Covid e sui comportamenti da adottare. Ma il risultato è stato diverso”.Cioè? 

“Questo linguaggio ha anche contribuito ad accrescere la distanza tra i cittadini e le istituzioni. Si tratta, infatti, di un linguaggio per sua natura incapace di intercettare le paure. Gli smarrimenti. Le speranze delle persone. Un linguaggio diverso, peraltro, può nascere solo da una maggiore attenzione alla vita reale della gente. E non è un caso che, soprattutto durante la prima ondata, si sia  prestato tanto ascolto alle quotidiane omelie del Papa. Da Francesco ciascuno di noi si è sentito ascoltato, capito, custodito”.CovidTra popolo e istituzioni la lontananza comunicativa è stata accresciuta dalla crisi Covid?

“La lontananza comunicativa è certo cresciuta. Anche perché non tutti vivono negli stessi posti! A chi vive in periferia, interessa una comunicazione capace di ‘toccare’ il dolore. Penso a Gesù, che purifica il lebbroso toccandolo. O a San Francesco, convertito dall’incontro coi lebbrosi. ‘Allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo’. Il rischio, in tempo di Covid ma non solo, è per entrambi. Che il vertice della piramide sia sempre più distante e autoreferenziale. E che le periferie si chiudano in un risentimento triste e senza futuro”.CovidSono aumentate anche le disparità sociali?

“La consapevolezza delle disparità e del dolore nasce dalla vicinanza. Anche il sacerdote e il levita della parabola vedono. Ma solo il samaritano si fa vicino. Non basta la conoscenza dei numeri e delle statistiche per diventare consapevoli. Occorre il contatto. La condivisione della stessa mensa. Ed è per me impossibile non pensare a Giorgio La Pira, sindaco di Firenze. E alla sua ‘Messa del povero’. Che poi diventava condivisione del pranzo!”.DiocesiA cosa si riferisce?

“Faccio solo due esempi di ‘dimenticanze’. Penso a chi vive per strada. Non dovrebbero essere, per i rischi evidenti di contagio che corrono, tra i primi ai quali offrire il vaccino? Anche in questo, Papa Francesco ci precede. Sarebbe stata tra l’altro l’occasione per una sorta di censimento, anche se informale”.Della crisi Covid cosa emerge dai mass media? 

“Quando si narrano le dinamiche e le vicende del potere, il grande rischio è quello di fermarsi alla superficie, alla cronaca. E allora, come anche la crisi e il cambio di governo ha evidenziato, si parla molto delle tattiche agite dai partiti in campo. I famosi ‘retroscena’, che pure si leggono con interesse. E poco di strategie. Quando invece la cosa più importante sarebbe proprio quella di raccontare la visione. Il sogno di società che i partiti e le altre realtà vogliono veicolare. Raccontare strategie di altro profilo (nella speranza, evidentemente, che ci siano). E non tattiche di corto respiro”.