Le sei tappe del nostro cammino quaresimale

Foto di Dimitris Vetsikas da Pixabay

Domenica scorsa lo Spirito Santo ci spinse con Gesù nel deserto per affrontare i “nostri demòni” e per uscirne vincitori come Gesù, nuovo Adamo. La lotta non è finita, i demòni ritorneranno “al momento opportuno”, ma non possiamo rimanere lì. Il nostro cammino quaresimale prevede diverse tappe, sei per l’esattezza, tante quante le domeniche della santa Quaresima.

La prima lettura delle domeniche di Quaresima, con dei testi scelti dall’Antico Testamento, ci offre una panoramica della storia della salvezza nel suo progresso verso la “pienezza dei tempi” della venuta di Gesù. La Quaresima è l’ultima preparazione immediata dei catecumeni al battesimo. La Parola ricorda loro, per sommi capi, la storia che Dio ha tessuto con il suo popolo. Oggi ci presenta il “sacrificio di Isacco”, un testo di particolare importanza perché allude simbolicamente al sacrificio di Gesù, il nuovo Isacco, sulla croce. Questo richiederebbe una spiegazione perché preso alla lettera potrebbe dare una immagine distorta di Dio. Il Signore non ha mai chiesto dei “sacrifici”, tanto meno dei suoi figli. È l’uomo “religioso” che ha creduto di fare piacere a Dio offrendo quello che aveva di più prezioso. Abramo proveniva da questo ambiente culturale e religioso. In questo senso il “sacrificio” di Isacco segna uno spartiacque. Da lì in poi il popolo di Dio prende coscienza che qualsiasi sacrificio umano è un abominio agli occhi di Dio!

La seconda lettura delle domeniche di Quaresima ci offre dei testi brevi dalle Lettere neotestamentarie che sono dei veri gioielli “kerigmatici” e che concentrano il nostro sguardo su Gesù. Non sono semplicemente da leggere o ascoltare, ma da meditare e, soprattutto, da pregare e contemplare. Purtroppo, nell’insieme delle letture, rischiano di passare inosservati! Gustiamoli nella riflessione personale!

Dal deserto al monte

Se la prima domenica di Quaresima l’avevamo chiamata “delle tentazioni”, la seconda potremmo chiamarla “dei monti”. Infatti, nella prima lettura si parla del monte Mòria, dove Abramo era andato per offrire Isacco suo figlio, monte che la tradizione ha identificato con il monte del Tempio a Gerusalemme. Nel Vangelo è questione di “un alto monte”, della Trasfigurazione, che la tradizione ritiene essere il monte Tabor, in Galilea. Nel sottofondo di questi due intravediamo un terzo monte: il Golgota!

Oggi il Signore ci prende con sé e ci conduce su questo “alto monte” del Tabor. Forse alcuni di noi ci sono già stati e hanno goduto dell’ampia e bella panoramica che esso offre. Oggi, però, non ci andiamo da turisti o escursionisti e nemmeno da pellegrini. Ci andiamo da discepoli, impersonati dai tre amici intimi di Gesù: Pietro, Giacomo e Giovanni. Per poterlo fare, bisogna immedesimarsi nella loro situazione. Stavano attraversando un brutto momento di crisi. Sei giorni prima avevano fatto la loro professione di fede. Alla domanda di Gesù: “Voi chi dite che io sia?”, Pietro aveva risposto a nome di tutti: “Tu sei il Cristo!”. Gesù, però, li aveva freddati con un annuncio inaudito, dicendo loro che egli non era il Messia che essi si attendevano, ma che l’aspettava la sofferenza e la morte, prima di risorgere al terzo giorno. Pietro si era sentito in dovere di ammonirlo, in disparte, ma Gesù lo rimproverò duramente davanti a tutti: “Va’ dietro a me, Satana!”. Poi, con un atteggiamento di grande distacco che rattristò profondamente il cuore di tutti, disse: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua!”. Come dicendo: o così o andate a casa, siete liberi! Lo scandalo della croce è stata la prima grande tentazione del discepolo!

Possiamo immaginare quanto sia stata dura e faticosa quella ascensione al monte. Non tanto per la salita di circa 500 metri – con Gesù erano diventati dei grandi camminatori! – ma per la pesante zavorra che si portavano nel cuore. Si tratta di una esperienza che conosciamo anche noi, a meno che non abbiamo preso sul serio questa parola di Gesù sulla croce!

Il mistero del Volto e dei volti!

Abbiamo sentito dal vangelo il racconto di cosa è successo sul monte: un’esperienza eccitante di bellezza e di luce; di incontro tra l’umano e il divino; di dialogo tra la Parola (Cristo) e la Torah (Mosè) e i Profeti (Elia); di timore sacrale nell’entrare nella nube luminosa; di ascolto della Voce che proclama: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”… Si tratta di un anticipo dell’esperienza della risurrezione di Gesù e della nostra beatitudine!

Questa esperienza non è riservata a pochi eletti, ma è offerta ad ognuno di noi. Certo, in un modo più umile, ma non per questo meno vero. Senza di essa la fede sarebbe priva della gioia del Vangelo e la vita cristiana diventerebbe un fardello insopportabile. La Quaresima è un tempo propizio per fare questa esperienza. A certe condizioni, però! Prima di tutto, bisogna avere il coraggio di lasciare dietro la “pianura” e di affrontare la salita del monte. Poi, sostare a lungo sulla cima, in preghiera di contemplazione. Ciò ci permette di avere tutta un’altra prospettiva dell’esistenza. Infine, scenderemo a valle rinnovati per riprendere la vita con nuovo vigore, serbando nel cuore la Luce e la Parola di quell’incontro. La Trasfigurazione è un’icona della preghiera. Nella iconografia orientale l’icona della Trasfigurazione è il vero esame dell’iconografo, perché tutte le altre icone sono illuminate dalla luce del Tabor!

Sorgente di questa luce è il volto di Cristo. “Il suo volto brillò come il sole”, dice Matteo (17,2). Tutti cerchiamo quel volto, come dice il salmista: “Il tuo volto, o Signore, io cerco!” (Salmo 23). Quel volto ci rivela la nostra identità profonda, il nostro vero volto, dietro le tante maschere e trucchi. Da quell’incontro si esce trasfigurati, col volto raggiante come Mosè quando usciva dalla presenza di Dio (Esodo 34,35). O come quella donna (una mistica laica) che un giorno, uscendo da una prolungata adorazione eucaristica, si sentì dire dall’autista del bus: “Signora, cosa succede? Lei ha un volto tutto raggiante!” È quello che succede a quanti si espongono al Sole del Volto di Cristo! Altro che esposizione alla lampada abbronzante a infrarossi!

Solo chi ha contemplato la bellezza di quel Volto può riconoscerlo anche nell’“Ecce Homo” e in tutti i volti sfregiati dalla sofferenza e dall’ingiustizia e, di conseguenza, si adopererà ad asciugare le lacrime e a curare le ferite dei sofferenti!

Di croce in croce o di gloria in gloria?

La vita cristiana è una esperienza di trasfigurazione continua fino alla trasfigurazione finale della risurrezione. Trovo molto eloquente un testo di San Paolo: “E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore.” (2 Corinzi 3,18). Questa visione paolina della vita del cristiano contrasta con una nostra concezione della fede come un peregrinare di croce in croce per arrivare in paradiso. Paolo, invece, ci dice che andiamo di trasfigurazione in trasfigurazione, di gloria in gloria, fino alla Trasfigurazione finale. Si tratta di una visione della vita cristiana ben più bella e stimolante!

Per la riflessione personale della settimana

1) Riprendi in mano la seconda lettura: Romani 8,31-34.
2) Confronta il tuo modo di concepire la vita cristiana con quello di Paolo.
3) Ti sembra di coltivare dei momenti di esposizione alla luce del Volto di Cristo?