Mons. Peña Parra: “Il compito della Chiesa è seminare la pace”

Intervista sui temi della pace, discriminazioni, migranti e libertà religiosa al Sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato Vaticano, Sua Eccellenza Monsignor Edgar Peña Parra

In questa comunità si può sperimentare che l’amore di Dio è presente. Continuate a servire e amare il Signore nel volto di queste persone che hanno bisogno della misericordia. Che la protezione della Vergine Maria vi accompagni sempre”. E’ questo il messaggio che il Sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato Vaticano, Sua Eccellenza Monsignor Edgar Peña Parra, ha scritto di proprio pugno nel libro degli ospiti della “Casa tra le nuvole di Papa Francesco”, dove si è recato insieme al vescovo della diocesi di Fabriano-Matelica, monsignor Francesco Massara, in visita privata in occasione della festa del patrono San Giovanni Battista. La struttura della Comunità Papa Giovanni XXIII, accoglie da oltre venti anni donne vittime della prostituzione schiavizzata ed è gestita da don Aldo Buonaiuto, sacerdote membro dell’Apg23 che da anni lotta per porre fine alla piaga dello sfruttamento sessuale di queste giovani, costrette a vendere i loro corpi sui viali a luci rosse delle città italiane.

L’intervista in esclusiva a mons. Peña Parra

Prima di tutto vorrei ringraziare don Aldo e tutti i presenti per il bene che fate. Mentre parlavano, mi sono venute in mente le prime comunità cristiane, riconoscibili per come si amavano. Sono contento di essere qui con voi. Vi porto il saluto e la benedizione di Papa Francesco che vi chiede di pregare per lui. So che il Pontefice vi vuole molto bene. Grazie don Aldo per quello che fai, posso vedere il volto del Signore in ognuna delle persone qui presenti”, ha detto mons. Peña Parra che, al termine della visita alla struttura dell’Apg23, ha rilasciato in esclusiva un’intervista a Interris.it.

Eccellenza, qual è lo stato di salute della Chiesa nel mondo?

“Lo stato di salute della Chiesa potremmo definirlo ‘variato’. In Europa troviamo una Chiesa viva, un esempio è questa casa. Ma ci sono anche tante difficoltà per il futuro: non mancano nuove forze e nuove vocazioni, ma diminuiscono; questo anche a causa dell’inverno demografico, come ha affermato Papa Francesco di recente. Inoltre, abbiamo una Chiesa altrettanto viva e bella anche fuori dell’Europa, come ad esempio quella che ho trovato a Timor Est, un’isola di un milione di abitanti. Nel seminario maggiore ci sono 300 studenti. Dobbiamo ricordare che la Chiesa è una, unica, siamo tutti fratelli, magari non siamo tutti nati nello stesso posto, ma nella Chiesa non ci sono stranieri e questo lo respiro in questa casa, dove trovo persone della Nigeria, dell’Est Europa, dell’Iraq. E’ questa la Chiesa di Gesù Cristo”.

Recentemente il cardinale Matteo Zuppi si è recato in Ucraina per la missione di pace che gli è stata affidata da Papa Francesco. Nei prossimi giorni si dovrebbe recare a Mosca. Quali sono le aspettative su questo viaggio? Crede che si potrà arrivare a un cessate il fuoco per raggiungere la pace?

“Siamo consci di essere dei seminatori. Il cardinale Zuppi è andato in Ucraina a seminare il seme del bene e della pace. Con questo stesso sentimento andrà a Mosca a lottare per la pace. La Chiesa fa questo, ma i risultati non dipendono tutti da noi. Ma così fa il seminatore, lascia il seme e prega Dio affinché cresca e porti frutto. Speriamo di poter avere presto dei frutti di pace in Europa e nel mondo”.

Parlando della situazione globale, più volte Papa Francesco ha denunciato che stiamo vivendo una terza guerra mondiale a pezzi. Pensa che sia possibile, in un futuro, vivere in un mondo in pace? 

“Mi consola questa frase: ‘Per Dio niente è impossibile’. La guerra non scoppia solo per problemi di tipo geopolitico, ma anche per interessi economici – il Papa lo ha denunciato –  traffico di armi e di persone. Dio fa la sua strada tramite tutti noi, gli uomini e le donne di buona volontà”.

Nei giorni scorsi abbiamo assistito all’ennesimo naufragio nel Mar Mediterraneo. Un peschereggio è affondato al largo delle coste della Grecia e si teme ci possano essere centinaia di vittime. Come mettere fine a queste tragedie? Perché i governi non riescono a trovare un accordo sulle politiche migratorie?

“E’ una sofferenza grande. Papa Francesco più volte ha dichiarato che il bellissimo Mar Mediterraneo si è trasformato in un cimitero ed ha ragione. Non è giusto che ci siano queste tragedie, non è giusto che persone in cerca di una nuova vita si trovino poi abbandonate. Papa Francesco, durante l’Angelus, ha detto che la barca si trovava nel mare quieto, non è frutto solo di un disastro naturale. Dobbiamo pregare tanto e dobbiamo continuare a lottare con tutte le forze perché questo non accada più. Dobbiamo andare nei Paesi di origine e portare loro un po’ di benessere. Queste popolazioni fuggono in cerca di una vita migliore per poi, in molti casi, trovare la morte. Un invito sempre aperto ai governi, agli uomini e alle donne di buona volontà: dobbiamo migliorare la vita di queste persone nei loro Paesi, ma se migrano dobbiamo accoglierli. So che non è facile, è un tema molto complicato, ma credo che diversi Paesi, tra cui anche l’Italia, stanno cercando di fare un lavoro molto importante in questo senso”.

Si parla molto delle minoranze cristiane, in quei posti del mondo dove i cristiani sono perseguitati. Come la Chiesa può aiutare questi popoli dove ci sono queste discriminazioni? Come si può risolvere il problema delle discriminazioni religiose e come andare incontro a queste minoranze?

“Papa Benedetto XVI mi ha ordinato vescovo e al momento del saluto liturgico della pace mi ha detto: ‘Monsignor Edgar si ricordi che la Chiesa sempre è stata presente nel mondo per evangelizzare, condividere e custodire i cristiani con tre elementi: la carità, l’educazione e la salute’. Quando mi trovavo in Pakistan, ho avuto una lunga conversazione con il presidente sull’educazione che viene impartita nelle nostre scuole dove si formano anche mussulmani: sono scuole di tolleranza. Io credo che noi cristiani abbiamo tanto da condividere nel mondo. Un modo per poter creare rispetto nei nostri confronti è proprio tramite la misericordia, quello che don Aldo sta facendo in questa casa. Dobbiamo evitare di fare proselitismo e di trasmettere un’idea della Chiesa diversa da quella di Cristo: in questo modo la gente potrà percepire che siamo in quel Paese per fare del bene, per accompagnarli e proteggerli. Così ci sarà più convivenza tra le comunità”.