Santa Sede preoccupata per mons. Pietro Shao Zhumin, vescovo cinese

La Santa Sede segue con grave preoccupazione la situazione di Mons. Pietro Shao Zhumin, Vescovo cinese di Wenzhou, forzatamente allontanato dalla sua sede episcopale ormai da tempo”. E’ quanto afferma in una nota il direttore della Sala Stampa vaticana, Greg Burke. Rispondendo alle domande di alcuni giornalisti, ricorda che del presule non si hanno notizie “né sui motivi del suo allontanamento, né sul luogo dove egli è trattenuto. A riguardo, la Santa Sede, profondamente addolorata per questo e per altri simili episodi che purtroppo non facilitano cammini di intendimento con le autorità di Pechino, auspica che Mons. Pietro Shao Zhumin possa ritornare quanto prima nella sua Diocesi e che gli sia garantito di svolgere serenamente il proprio ministero episcopale“.

L’allontanamento forzato

Di mons. Pietro Shao Zhumin, non si ha più nessuna notizia dal 18 maggio del 2017, quando è stato invitato alle 21:00 di sera presso l’ufficio per gli affari religiosi della città. Da allora non si sa più nulla di lui. Come riporta il sito AsiaNews, il 22 maggio ha fatto giungere ai suoi collaboratori la richiesta di poter avere del vino da messa, dopo niente più. I fedeli della diocesi sono molto preoccupati e con loro anche la madre del vescovo, una donna 90enne ammalata, che ha chiesto già diverse volte di poter vedere suo figlio. I sacerdoti e i fedeli affermano di non sapere dove lui si trovi e le autorità non dicono nulla. Il vescovo era stato sequestrato già nel mese di aprile, a pochi giorni dalla Pasqua, forse per impedirgli di celebrare i riti della Settimana santa insieme ai fedeli e ai suoi sacerdoti.

La conferma della Santa Sede come vescovo

Mons. Shao è membro della comunità non ufficiale e come vescovo non è riconosciuto dal governo. La Santa Sede lo ha invece confermato come vescovo ordinario della diocesi, dopo la morte del predecessore, mons. Vincenzo Zhu Weifang, avvenuta il 7 settembre scorso. È molto probabile che la sua sparizione forzata abbia come scopo di convincere il prelato ad iscriversi all’Associazione patriottica (Ap), l’organismo del Partito che ha di mira la costruzione di una Chiesa indipendente, ciò che è “inconciliabile con la dottrina cattolica”, secondo quanto Benedetto XVI afferma nella sua Lettera ai cattolici cinesi del 2007 e confermata da papa Francesco. Nei dialoghi che la Cina conduce con la Santa Sede per un accordo sulle nomine episcopali, i membri dell’Ap esigono di continuo che tutti i vescovi siano iscritti all’Ap, escludendo quindi i vescovi sotterranei, che rifiutano l’iscrizione e sono considerati da essi come “inaffidabili”.

La denuncia del Vaticano

Da quando sono ripresi i dialoghi informali fra Vaticano e Cina, tre anni fa, questa è la prima volta che la Santa Sede si esprime a proposito di un vescovo imprigionato. Molti cattolici cinesi avevano espresso dolore per il troppo silenzio su vescovi, sacerdoti e laici perseguitati. Nei giorni scorsi anche l’ambasciatore tedesco a Pechino, Michael Clauss, aveva diffuso una dichiarazione ufficiale in cui chiedeva la liberazione di mons. Pietro Shao Zhumin. Anche il vescovo di Mindong (Fujian), mons. Guo Xijin, pure lui della comunità sotterranea, ma riconosciuto vescovo dalla Santa Sede, era stato sequestrato dalla polizia. Ora è potuto ritornare alla sua diocesi. Rimane invece immutata la situazione (isolamento e arresti domiciliari) di mons. Taddeo Ma Daqin, vescovo di Shanghai.

La diocesi di Wenzhou

La diocesi di Wenzhou ha un passato di forte divisione fra le comunità cristiane ufficiale e sotterranea. Si calcola che vi siano circa 120 mila fedeli nella comunità ufficiale e più di 80 mila in quella non ufficiale; i sacerdoti sono equamente distribuiti fra i due rami e in tutto sono circa 50. Negli anni recenti, la Santa Sede ha cercato di riconciliare le comunità nominando mons. Zhu (ora defunto) come vescovo ordinario e mons. Shao come vescovo con diritto di successione. Ma, a detta dei fedeli, che pure amano e rispettano mons. Shao, “il governo locale fa di tutto per tenerci divisi”. Mons. Shao ha subito spesso la prigionia a causa della sua fede. Anche in occasione dei funerali del suo predecessore egli è stato sequestrato e impossibilitato a presiedere i funerali.