La Democrazia è cosa seria non una rappresentazione fine a sé stessa

È già campagna elettorale e già la prevalenza della politica ha dimenticato o è impegnata a far dimenticare la crisi del governo più ingiustificabile dalla nascita della Repubblica. Ma la classe dirigente è quella che è, ed in molti ambienti ci si chiede come potranno reggere le responsabilità che finora sono poggiate su un personaggio di statura mondiale. Ed ecco che qualcuno ridicolmente si auto colloca tra gli emuli di Churchill, ma lo statista inglese non era certo indulgente con il nemico delle democrazie dell’epoca, ed anzi, fece di tutto per defenestrare il pavido Chamberlain disposto a non vedere le occupazioni illegali di paesi sovrani. Infatti prendendosi responsabilità grandi evitò alle democrazie prima la debacle e poi la vittoria. Altri invece vanno cercando un Mélenchon italiano per saper parlare ai lavoratori ed ai poveri.

Costoro confessando questa premura, vogliono continuare ad alimentare l’inconcludente populismo italiano che già detiene il primato del più alto numero di imbonitori d’Europa. Essi soffiano sul fuoco elencando i bisogni, ma mai per indicare un modo razionale per soddisfarli. Ed invece bisognerà riconoscere ed agire per la questione sociale che riguarda poveri, meno poveri e ceto medio. A questi soggetti occorrerà prospettare paradigmi diversi dal passato sulle tasse, sulle politiche attive del lavoro e di inclusione; tutte rivolte al miglioramento professionale, alle politiche salariali legate alla produttività. Bisogna interrompere la sciagurata stagione delle mance, sostegni al reddito, politiche del lavoro non sciolte da vincoli di responsabilità. I populisti di ogni schiatta sinora hanno speculato sull’abbandono a sé stessi di questa grande fetta del lavoro italiano, ed hanno avuto facile gioco a farsi promotori di politiche assistenziali fine a sé stesse senza alcun sbocco ragionevole.

L’etica nella politica richiede un rapporto leale e sincero con i lavoratori ai quali vanno promessi rassicurazione e sostegno su tutti i problemi che li rende sofferenti, ma contemporaneamente vanno indicati i modi per raggiungere tali obbiettivi, concependo il legame stretto tra diritti-doveri, attraverso mete partecipative per la maggiore produttività e di conseguenza una proporzionale redistribuzione degli utili d’impresa. Alla logica dell’offerta del pesce come carità verso il bisognoso, dovrà opporsi la disponibilità ad offrire canna da pesca con relative abilità per saper pescare. Sarà questa la via più dignitosa e conveniente per assumere responsabilità, capacità autonome, la dignità quale bene più alto per una persona con propria personalità.

La logica dovrà cambiare nella ricerca dell’efficienza dei fattori dello sviluppo sinora trascurati, per avere più salari, più welfare, più benessere, e non di mutilarli con i no alle infrastrutture della energia del sistema dei trasporti, prendendo a calci le prospettive dello sviluppo, ma nel contempo chiedendo bonus per ogni necessità. Ecco in queste elezioni i cittadini dovranno scegliere chi propone un cambiamento da raggiungere attraverso i doveri, per rendere stabili i diritti; per la costruzione giornaliera di presupposti per superare il debito, per riottenere autonomia nell’energia; per ricominciare ad investire per le necessarie infrastrutture; per cambiare radicalmente la scuola italiana; per far pagare le tasse a tutti per pagare tutti meno; per ridare chance ai giovani rompendo corporazioni e baronati e gestendo bene investimenti nel digitale.

Per un cambiamento così necessario ed atteso bisogna rompere la fissità dello schema destra-sinistra che ha favorito la estremizzazione di ogni cosa, piegando il Paese al “peronismo”. Credo che un terzo soggetto alle elezioni che si inframetta tra gli altri 2 che si contrappongono da 30 anni, sia cosa buona per una alternativa al bipolarismo divisivo e per rompere l’incantesimo distruttivo che subiamo ormai da troppo tempo. Dunque non soggetti politici presenti nella competizione elettorale, satelliti dei poli attuali che in egual modo partecipano a provocare il declino del paese, ma un soggetto autonomo che si assuma il compito di completare l’agenda Draghi e di ricostruire i presupposti dello sviluppo. Vedremo se il coraggio e la fedeltà alla Repubblica saranno sufficienti a superare le difficoltà per mettere in piedi un “rassemblement” in grado di cambiare le cose. Ma per come sono messe le cose, chi non vuole essere complice dello sfascio deve procedere senza indugio.

Ci sono tanti elettori con forti dubbi dopo l’uso sbagliato del loro consenso nel passato, e metà elettorato che diserta le urne da molti anni non trovando nelle competizioni elettorali presenze convincenti e responsabili. Insomma tantissimi sono i cittadini che vogliono capire sul campo, se da oggi in poi qualcuno avrà il buonsenso di dire e fare anche cose impopolari per una minoranza rumorosa e popolari per quella maggioranza di italiani che non amano fragori e litigi, perché sanno che oramai la politica italiana é come un teatro a cielo aperto: produce una rappresentazione per quel momento, quel giorno, e nulla più.