La pace rinnegata

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Di fronte a tragedie umane che per il 98% dei casi è l’uomo a provocare, siamo abituati senza criterio a far luce su ogni dettaglio, ad esercitare curiosità inverosimile, patologica: vogliamo sapere ‘perché, come, dove…’, da rituale giornalistico e mentalità selettiva. Patologia sociale o irrimediabile impoverimento di umanità, conseguente perdita di sentimenti, di pietas, di silenzio: consumiamo emozioni invece di fermarci a riflettere… e chi ne ha il tempo e la voglia sembra un privilegiato.

Non analisi, ma riflessione: ne abbiamo bisogno per risollevarci persino dal dolore che non appartiene solo a genitori, figli, parenti e amici di coloro a cui qualcuno ha deciso di togliere la vita in massa. Lui, per follia o lucida premeditazione, per farsi ricordare ad ogni costo, uscendo dalla sua anonima vita resa insignificante dalla depressione, viene nominato e mandato in onda ogni cinque minuti dai media… Degli Altri si raccolgono i ‘resti umani’ su un’impervia area di montagna, col contributo di molti uomini e donne dalla vita piena di senso e significato nell’anonimato della normalità, della storia quotidiana comune, di ‘sana’ umanità condivisa.

Tre questioni, però, non possono essere taciute: 1) si fruga tra le cose rimaste a caccia di testimonianze di quegli ultimi minuti della vita di 149 persone… Ma chi ha ancora rivolto il pensiero o indotto a pensare all’atrocità di quella morte, privata della pace che dovrebbe accompagnare ed appartenere alla fine di ogni essere umano, perché la morte è ultimo, definitivo atto umano ‘personale’?

Grida, disperazione e impossibile accettazione di quanto stesse accadendo mentre si delineava l’inimmaginabile sotto i loro occhi, avvertivano il peso dei loro corpi e le loro frequenze cardiache all’impazzata… Neppure il tempo dell’infarto o dell’ictus… Forse solo quello di abbracciarsi, stringersi e rivolgersi a Dio.

Quelle morti reclamano pace come moltissime altre, in ogni angolo della terra… Ma l’uomo non ama la pace, non si dà pace, non porta pace, non crede in essa e non ne avverte l’indispensabile bisogno se non in un momento estremo, dopo averla persa o distrutta, quando il suo momento è arrivato.

2) Non si dovrebbe ‘cancellare’ il reo e dar voce alle vittime? Vite di giovani, d’insegnanti, di persone ‘senza nome’ accomunate dalla bieca decisione di un giovane privo di scrupoli, a caccia di dis-onore, d’infamia intesa come ‘fama’ postuma, restano nel silenzio totale forse per essere ‘usate’ in tempi successivi, per prolungare ‘la notizia’ mentre si continua a ‘celebrare’ – accondiscendendo al suo stesso desiderio – il colpevole, il malato, quasi per spiegare la sua decisione, amaro frutto di patologia… in modo semplicistico e deleterio. Sembra invece che abbia deciso lui e non in piena crisi di panico; avrebbe potuto mettersi in malattia; scegliere di suicidarsi in altro modo o, meglio, farsi aiutare.  Chi si macchia di crimini dovrebbe essere chiamato ‘X’ e ‘sepolto’ sul piano del riconoscimento, del ricordo comune, etichettato e secretato in una lista di abietti all’umanità sui quali invocare solo misericordia. Giustificazioni dirette o indirette rovinano i nostri giovani, i nostri figli, alimentano la patologia sociale: continue reiterazioni di crimini ed emulazioni di criminali dimostrano lo ‘strapotere’ di una comunicazione distorta e la sua presa insipiente sul terreno esistenziale odierno.

3) Di fronte a tanta sofferenza alcuni media italiani hanno osato confronti e misere rivendicazioni, dimenticando la prassi italica di processi alle intenzioni, di responsabilità distribuite a mo’ di ‘partita di calciò, le ‘colpe’ scaricate nei confronti di tutti… Mentre autorizziamo, imperterriti, ‘responsabilità zero’, sia personale che collettiva. Moda di pessimo gusto, priva di un minimo di valori umani nonché etici, è, poi, l’emulazione deleteria tra un canale e l’altro, tra un titolo e quello della concorrenza: possibile che nessuno si accorga della banalità e della mediocrità di tanta pseudo- informazione inconcludente, ripetuta, ridondante? Quale lo scopo dell’informazione pronta solo a intingere il boccone nel piatto come Giuda Iscariota al momento della verità per poi tradire se stessa e l’Uomo… E giungere al suicidio, purtroppo, non solo metaforicamente?

Risuonano, invece, nel cuore quelle forti Parole di vita: ‘Vi do la mia Pace, ricevete la mia Pace, quella che il mondo non può dare, Pace a Voi… ‘ . Cristo le pronunciò dopo la Resurrezione, entrando in mezzo ai suoi distrutti dall’esperienza del dolore, della perdita… Ne avvertiamo il richiamo in questi giorni di ‘passione’ , in cui caricatosi volontariamente del peso inconcepibile del male del mondo, di ogni male , d’ogni epoca, non rifiutando di ‘passare attraverso’ , d’attraversare circostanze ed effetti, ogni ferita, uccisione, morte e brutalità, torna a sanare, salvare, far risorgere e riportare al Padre ogni Uomo.