Morte Bergamini, il caso si riapre: “Non è stato un suicidio”. E la Procura chiede la riesumazione

Sono trascorsi 28 anni dalla morte di Donato “Denis” Bergamini, calciatore del Cosenza che, nel 1989, fu trovato privo di vita ai piedi di un camion sulla statale 106 Jonica. Una scomparsa strana, improvvisa, che le cronache dell’epoca riportarono quasi immediatamente sotto la versione del suicidio che il centrocampista romagnolo avrebbe messo in atto gettandosi tra le ruote del mezzo, dal quale sarebbe poi stato trascinato per 60 metri. Una storia, però, che non aveva mai convinto, né la famiglia né gli inquirenti, nonostante la successiva archiviazione dell’indagine: le condizioni del corpo e degli abiti che indossava, oltre ad altri dettagli più o meno evidenti, non hanno mai fornito ai familiari del calciatore una motivazione plausibile per credere a questa ipotesi. Da qui, una serie infinita di riaperture del caso, fino all’ultima, richiesta dal procuratore capo di Castrovillari, con tanto di riesumazione della salma di Bergamini (che avverrà il prossimo 2 maggio). E questo, forse, potrebbe essere davvero il punto di svolta.

Procura: “Bergamini non si è ucciso”

Sono due gli avvisi di garanzia notificati dalla Procura: uno indirizzato all’ex fidanzata del giocatore, Isabella Internò (iscritta nel registro degli indagati per omicidio già nel 2013), e un altro all’uomo che, quella sera, era al volante del camion, Raffaele Pisano. “Procederemo con la riesumazione del cadavere perché vogliamo approfondire con le tecniche di cui oggi si dispone tutti i possibili aspetti di quello che non è un suicidio, non è ipotizzabile come un suicidio”, ha detto il procuratore Eugenio Facciolla, riaprendo di conseguenza le piste che, all’epoca dei fatti, vennero inspiegabilmente escluse, portando di fatto all’identificazione del dramma come gesto volontario, nonostante l’autopsia eseguita sul corpo del calciatore smentisse tale eventualità già nel 1990.

La “festa” misteriosa e gli altri punti oscuri

L’ipotesi del procuratore capo, espressa ai microfoni di RaiSport, è quella dell’omicidio in concorso: “Il giorno del funerale sul pullman dei calciatori c’era anche la fidanzata di Bergamini con una busta che conteneva i vestiti di Denis. Questa busta se la passarono, per un fatto affettivo, i calciatori poi però sparì. Gli abiti che indossava non ci sono più. Subito dopo il funerale, Padovano accompagnò la fidanzata di Bergamini a casa, fu invitato a salire con insistenza. Lui andò sopra e trovò una festa. C’erano delle paste, il giorno del funerale stavano festeggiando…”. Il fronte dei sospetti, per nulla sopito nei quasi trent’anni trascorsi dalla tragedia, torna improvvisamente a riacutizzarsi: Bergamini fu ucciso, ma per quale ragione? Le possibili motivazioni spaziano principalmente su questioni sentimentali: “Le variabili ipotizzabili possono essere tante. Sembrerebbe una vicenda chiusa in un rapporto tra pochi soggetti che evidentemente hanno goduto di protezione…”. Tanti, troppi punti oscuri, a cominciare dalle incongruenze con l’ipotesi suicidio riscontrate sul corpo del calciatore, sul quale non vi erano tracce del trascinamento prolungato né, tantomeno, del fango che ricopriva la strada dopo la forte pioggia di quella sera. Un mistero che sembrerebbe arrivato a un punto di luce. Il primo finalmente concreto.