Delitto di Garlasco, ricorso straordinario di Stasi in Cassazione: “Processo non equo”

La difesa di Alberto Stasi ha presentato un ricorso straordinario in Cassazione contro la sentenza di condanna definitiva a 16 anni di carcere dell’ex studente della Bocconi accusato dell’omicidio della sua fidanzata Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007. Nell’atto, firmato dallo stesso Stasi, si parla di “errore di fatto” per una “svista” da parte della Suprema Corte che non si è accorta che nell’appello bis non erano stati sentiti alcuni test. Il caso verrà discusso il prossimo 27 giugno.

Il ricorso straordinario

Nel ricorso, 39 pagine, Stasi chiede alla Cassazione di revocare “ex art. 625 bis cpp” la sentenza definitiva del 12 dicembre 2015 e di “rilevare l’errore di fatto lamentato, in assenza del quale l’esito decisorio sarebbe stato differente” e di conseguenza di disporre “l’annullamento con rinvio” della condanna a 16 anni di carcere emessa dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano il 17 dicembre 2014. E in caso di accoglimento si chiede la sospensione degli effetti della condanna definitiva ossia di uscire dal carcere di Bollate dove si trova detenuto per espiare la pena.

Il diritto a “un processo equo”

Del ricorso straordinario, firmato solo dall’avvocato Angelo Giarda e da Alberto Stasi e depositato poco meno di sei mesi fa se ne è avuta notizia solo oggi. Come si evince dall’atto, che si basa sulla giurisprudenza nazionale e internazionale (Cedu), “l’errore di fatto” consiste nel non aver sentito nel processo di secondo grado testimoni il cui esame era stato decisivo nel giudizio di primo grado – in abbreviato – che si era concluso con l’assoluzione dell’ex studente bocconiano. Errore, di cui la Cassazione non si è accorta, e che ha portato a “un gravissimo pregiudizio per i diritti fondamentali del sottoscritto Alberto Stasi che avrebbe avuto diritto, senza ombra di dubbio, quantomeno a un nuovo grado di giudizio” per poter sentire tutti i testi che lo avevano scagionato e che ora chiede alla Suprema Corte che si corregga perché “il diritto ad un equo processo“, di cui lamenta la mancanza, è sancito dall’articolo 117 della Costituzione ma anche dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.