Pechino pubblica in rete la lista dei luoghi di culto “legali”

La Cina combatte le attività religiose illegali pubblicando on-line una lista completa di luoghi di culto buddisti e taoisti registrati ufficialmente con i nomi dei rispettivi responsabili. La notizia arriva da Wang Zuoan, direttore dell’Amministrazione statale per gli affari religiosi secondo il quale l’iniziativa “faciliterà la supervisione pubblica e preverrà attività religiose illegali praticate fuori dei luoghi conformi alle legge, proteggendo i diritti legali e gli interessi dei circoli religiosi e dei fedeli”.

È  da diversi anni che lo Stato cinese gestisce le attività spirituali attraverso regolamenti nazionali, evitando di ispirarsi alla Costituzione e contribuendo a diffondere un controllo sempre più capillare sui cittadini.  Coloro che vengono colti in attività fuori del controllo del governo sono imprigionati come “criminali”. L’Onu ha chiesto alla Cina di eliminare la differenza fra attività “legale e illegale”, ma di precisare che oggetto di penalizzazione saranno non le religioni ma i comportamenti antisociali e contro i diritti dell’uomo.

Molti, tra monaci taoisti e buddisti criticano l’operato dell’Amministrazione statale per gli affari religiosi che sta trasformando i luoghi di culto in mete turistiche e fonti di reddito, dimenticando la spiritualità per cui sono stati originariamente costruiti.