E’ TORNATO RENZUSCONI

“A partire dal 2016 via l’Imu sulla prima casa”. Firmato Matteo Renzi. Ecco, ora mettete stop, pigiate rewind e riportate il nastro indietro di 9 anni. Primavera del 2006, a “Porta a Porta” va in scena l’atteso confronto tra Romano Prodi e Silvio Berlusconi in vista delle Politiche. Bruno Vespa, prima di chiudere, concede ai due contendenti un ultimo spot elettorale, un promo per convincere gli elettori. L’ultimo a parlare è proprio il leader di Forza Italia, premier uscente dato per spacciato nei sondaggi. Primo piano, occhi che sorridono, alla fine del suo intervento Berlusconi coglie tutti di sorpresa con un fuori programma e afferma: “Aboliremo l’Ici sulla prima casa, proprio così avete capito bene”. Il candidato dell’Ulivo resta senza parole. Il resto è storia, sull’onda di quella promessa il centrodestra si rende protagonista di un testa a testa all’ultimo voto con i rivali che, però, finiscono col vincere. Sarà un governo breve visto che la nuova legge elettorale, di fatto, mette la maggioranza nelle condizioni di non poter fare sino in fondo il proprio lavoro. Nel 2008 Berlusconi, di nuovo in campo, stavolta contro il neonato Pd di Walter Veltroni, replica il giuramento: con il Pdl la tassa più odiata non ci sarà più. E vince. L’imposta uscita dalla porta finisce inevitabilmente col rientrare dalla finestra ma poco importa: il risultato era già stato raggiunto.

Ecco, ora riportate il nastro al presente. Un altro premier, stavolta di schieramento opposto con qualche problema di popolarità replica la promessa. Un gesto che sembrerebbe dare ragione a tutti quegli analisti politici che, in questi anni, hanno visto non poche similitudini tra i due leader. Che non sono due gocce d’acqua ma qualche somiglianza, ammettiamolo, ce l’hanno. La prima è una concezione personalistica del partito. Entrambi si sentono gli uomini della Provvidenza e hanno cominciato la loro carriera con dure critiche nei confronti del vecchio sistema. Berlusconi, scendendo in campo disse: “La vecchia classe politica italiana è stata travolta dai fatti e superata dai tempi. L’autoaffondamento dei vecchi governanti, schiacciati dal peso del debito pubblico e dal sistema di finanziamento illegale dei partiti, lascia il Paese impreparato e incerto nel momento difficile del rinnovamento e del passaggio a una nuova Repubblica. Mai come in questo momento l’Italia, che giustamente diffida di profeti e salvatori, ha bisogno di persone con la testa sulle spalle e di esperienza consolidata, creative ed innovative, capaci di darle una mano, di far funzionare lo Stato”. Renzi, invece, ha scelto la strada della rottamazione per far pulizia della vecchia nomenklatura. Parole diverse per lo stesso concetto: fuori i vecchi, dentro le facce nuove.

Tutti e due odiano il dissenso interno, percepito come un tradimento, e quando qualche corrente si fa sentire alzano le spalle e, indicano, nemmeno troppo gentilmente, la porta. Da Fini a Fassina, da Alfano a Civati la lista, considerando anche i nomi meno noti, di quelli che sono stati allontanati. Sul fronte delle politiche, poi, le analogie non mancano. Renzi di sicuro è più vicino a Berlusconi che alla gran parte del suo partito. La legge elettorale, non a caso nata dal Patto del Nazareno, segue alcuni mantra tanto cari all’ex Cav: listini bloccati con ampia voce in capitolo per le segreterie. E chi fu il primo a pensare a una riforma della Costituzione con rafforzamento della premiership? Proprio lui, Silvio da Arcore. Renzi ci ha aggiunto un po’ di cipria ma il senso è quello. E poi la Scuola pensata e gestita in senso privatistico, le “Grandi Opere” (salvo il ponte sullo Stretto che nessuno, per fortuna, ha mai più proposto), la rivoluzione fiscale e così via. Tra i due poi i rapporti sono meno peggiori di quanto sembri. Gli attacchi frontali, senza esclusione di colpi, tra berlusconiani e antiberlusconiani appartengono ai libri di storia. Silvio e Matteo ogni tanto si danno qualche pizzico ma senza pathos, quasi “perché va fatto”. Entrambi poi amano le battute, le guasconate e i siparietti. Sul piano della semantica poi i magistrati del presidente azzurro sono diventati i “gufi” del segretario dem.

Certo ci sono delle differenze. Una su tutte: la comunicazione. Berlusconi punta ancora molto sulla Tv, mentre Renzi lavora alacremente sui social media. Giusto per dare l’idea che tra allora e oggi sia davvero cambiato qualcosa.