Aiuto alla Chiesa che soffre: “Al radicalismo islamico non si risponde col laicismo offensivo”

In un appello della fondazione "Aiuto alla Chiesa che soffre" (Acs Italia) le linee guida per affrontare la nuova escalation di violenza fondamentalista in Francia

Alfredo Mantovano e Alessandro Monteduro sono rispettivamente il presidente e il direttore della fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che soffre” (Acs Italia). “Dagli intellettuali e dai media europei ci si attende più coraggio nella denuncia degli estremismi. Soprattutto quando perseguitano singoli fedeli o pacifiche minoranze religiose- sottolineano Mantovano e Monteduro-. Al tempo stesso una netta presa di distanza da quel laicismo che, in nome della libertà, viola i diritti naturali di singoli e gruppi. E offende il sentimento religioso. Un errore non si combatte mai con un errore di segno contrario“.

Sos di Aiuto alla Chiesa che soffre

L’attacco nella cattedrale di Notre Dame a Nizza, con tre persone uccise, è stato qualificato dal sindaco della città francese come atto terroristico. Il ministero dell’Interno aveva previsto il rischio di attentati a siti religiosi. Tanto da aver rafforzato la sorveglianza di chiese e moschee. “La tragedia di Nizza segue l’assassinio di Samuel Paty, il professore accusato di blasfemia dagli islamisti transalpini per aver mostrato in classe due vignette. Erano irriverenti nei confronti di Maometto ed erano state pubblicate da Charlie Hebdo.  E si inserisce in una crisi internazionale causata da una vignetta sul presidente turco Erdogan, pubblicata in copertina dalla medesima testata satirica”, sottolinea Acs.

Necessità del confronto

Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) è “vicina alla comunità cattolica francese, nel condannare l’ennesimo atto terroristico”. Prega per le vittime e i feriti. E ricorda la “necessità di un confronto franco, civile e non superficiale con l’Islam”. Ciò deve unirsi alla consapevolezza che “prevenzione e repressione criminale sono le sole risposte per gli islamisti estremisti”. Soprattutto per i responsabili dei reati. Senza ipocrite o implicite giustificazioni. Ma a ciò deve affiancarsi una consapevolezza. E cioè che “la risposta al radicalismo che strumentalizza la religione e colpisce la persona non può essere la rivendicazione di una malintesa ‘libertà’ di espressione“. Che “giunga all’offesa e al dileggio dei simboli di fede, di qualunque confessione“.