Suicidi nelle carceri pugliesi, Pilagatti: (SAPPE): “Interrompere la spirale di violenza”

Federico Pilagatti, segretario Nazionale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPE) commenta per Interris.it la notizia del tentato suicidio di una detenuta nel carcere di Taranto

Il carcere di Taranto e, nel riquadro piccolo, Federico Pilagatti, segretario Nazionale SAPPE

“L’anno scorso la Puglia è stata la Regione con il maggior numero di suicidi dietro le sbarre in Italia: 8 su 80. Quasi tutte le vittime avevano problemi psichiatrici. Eppure, l’assistenza psichiatrica in carcere continua ad essere insufficiente. Il problema c’è, ma nessuno lo vuole vedere”. E’ quando denuncia dalle colonne di Interris.it Federico Pilagatti, segretario Nazionale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPE) commentando la notizia del tentato suicidio di una detenuta nel carcere di Taranto.

“Giorni fa – racconta Pilagatti – una detenuta del carcere femminile di Taranto (una donna italiana con problemi psichiatrici da poco trasferita dal carcere di Lecce) ha aggredito una poliziotta”.

“La detenuta era arrivata da poche ore e l’agente le stava spiegando le regole del carcere. Era evidente sin da subito che la donna non era contenta di essere stata trasferita a Taranto, probabilmente perché non essendo tarantina sperava in un’altra destinazione. All’improvviso, la detenuta ha sferrato un pugno all’agente di polizia penitenziaria facendola cadere a terra. La donna ha avuto bisogno delle cure del pronto soccorso”.

“Queste aggressioni non sono una novità, purtroppo. I detenuti violenti con problemi psichiatrici, dopo una i più aggressioni agli agenti o agli altri detenuti, vengono spostati in altri penitenziari. Dove però manca comunque un’assistena adeguata. E ricomincia la violenza da capo”.

“Questo perché i detenuti con problemi psichiatrici vanno presi in carico e seguiti in modo frequente e regolare. Invece, poiché manca il personale, vengono spesso trascurati. Arrivando anche a compiere gravi gesti autolesionisti”.

“Infatti, la detenuta che ha aggredito l’agente, dopo essere stata portata in cella, ha tentato di suicidarsi impiccandosi con un lenzuolo. Poiché era in evidente stato di agitazione, non era mai stata lasciata senza sorveglianza. Solo in questo modo i poliziotti sono potuti intervenire in tempo per salvarle la vita. Altrimenti, sarebbe diventato un altro numero nella lunga lista di detenuti che si uccidono dietro le sbarre”.

“L’ultimo caso è avvenuto proprio a Taranto, nella sezione maschile, lo scorso 25 febbraio.
L’uomo è stato trovato impiccato nella sua stanza dagli agenti della penitenziaria. Aveva 50 anni e una posizione giuridica definitiva: era ristretto nel padiglione sanitario. Inutili i soccorsi”.

“Il problema del carcere di Taranto, così come degli altri istituti penitenziari pugliesi, è che ci sono troppi detenuti con seri problemi psichiatrici ma poco assistiti. Un’assistenza quasi nulla non incide significativamente nella loro gestione, che pur problematica, ricade tutta sulle spalle degli agenti della penitenziaria che non sono pagati né sono preparati per questo”.

“Non è normale che un poliziotto penitenziario, oltre al surplus di lavoro – dovuto dal sovraffollamento carcerario da un lato e dalla carenza di organico dall’altro – debba anche gestire h24 dei soggetti psichiatrici senza averne le competenze e nemmeno la professionalità”.

“Il SAPPE  – conclude Pilagatti – rinnova il suo appello a tutte le istituzioni preposte al fine di spezzare questa catena che costringe tanti poliziotti a lavorare in condizioni pericolose, senza alcuna protezione né prevenzione. E senza sapere se alla fine del turno torneranno a casa sani e salvi”.