Escalation jihadista in Benin: grido d’allarme dell’episcopato

Il disastro securitario libico ha aperto la porta del Sahel al terrorismo

sacerdotale

Benin, sos jihad. Il proliferare di gruppi armati che spargono terrore in tutto il Sahel è una “conseguenza”. E cioè un tragico effetto del disastro securitario in cui è sprofondata la Libia. E anche i musulmani  sono vittime delle violenze e dei soprusi di bande estremiste. A lanciare l’allarme all’agenzia missionaria vaticana Fides è monsignor Roger Houngbédji. Arcivescovo di Cotonou. Presidente della conferenza episcopale del Benin. Il presule descrive con realismo le situazioni di emergenza. E le difficoltà attraversate dalla Chiesa. E dall’intero popolo del Benin nel tempo presente. La Chiesa cattolica in Benin è in crescita e in fermento. Cresce il numero dei battezzati. E i laici animano diverse associazioni, movimenti e gruppi di preghiera. “Ad esempio nella mia diocesi, vi sono molte associazioni di laici impegnate nella vita pastorale. Nelle parrocchie. In attività sociali. O ancora in istituzioni ecclesiali. Come centri sanitari. Scuole. Centri d’accoglienza“, afferma l’arcivescovo.Benin

Situazione in Benin

“I nostri giovani emigrano in cerca di lavoro soprattutto nei Paesi vicini. Ossia Nigeria e Costa d’Avorio– spiega il leader dell’episcopato-. Sulle rotte dei migranti nel deserto e poi nel Mediterraneo non vi sono molti beninesi. Ma i nostri giovani sono alla costante ricerca di un impiego. È la principale sfida al quale il nostro Paese deve far fronte. Occorre che i nostri governanti si mobilitino per migliorare le condizioni di vita della nostra gioventù. Altrimenti saremo sempre di fronte a drammi”. Un’altra piaga che deve affrontare il Paese riguarda le infiltrazioni jihadiste provenienti dal nord. “In tutto il Sahel c’è una proliferazione di gruppi terroristi- racconta monsignor Roger Houngbédji-. I gruppi armati si sono moltiplicati in tutta la regione del Sahel. Soprattutto dopo che la Libia è divenuta un disastro securitario. Ciò, infatti, ha spalancato la porta a questi terroristi. Nel nord del Benin vi sono stati alcuni attacchi che hanno provocato vittime tra i nostri militari. Il governo ha assicurato che ha messo in piedi un dispositivo di sicurezza. L’obiettivo è impedire che i terroristi c’invadano. E che provochino danni come quelli subiti dal Mali e dal Burkina Faso o il Niger. E questo è una grossa preoccupazione per la popolazione”.dialogo

Dialogo

Aggiunge il presule: “Grazie a Dio vi sono buoni rapporti tra i cristiani, i musulmani e gli aderenti alle religioni tradizionali. Quando vi sono delle rivolte popolari legate a vicende politiche, i capi religiosi si riuniscono. Per delineare una strategia comunicativa per invitare come un’unica voce alla pace. E promuovere la concordia e la coesione. La coesione esistente tra noi responsabili religiosi ci permette di ricercare insieme la giustizia e la pace. Soprattutto durante crisi sociali e politiche”.