La scuola che non piace. Arriva a 67 anni il posto fisso, dopo la pensione

Un vero e proprio danno da perdita di chance.

scuola
Fonte: ANSA

Paola Fortunati, ex docente di diritto e giornalista di 67 anni, andata in pensione da un mese, si è vista recapitare una e-mail dall’ufficio di reclutamento di Massa Carrara, in cui c’era scritto: “Siamo lieti di annunciarle la nomina in ruolo” – ovvero il famigerato posto fisso nell’istituto dove per anni è stata una precaria.

Una vera e propria beffa

Dopo vent’anni di precariato e due concorsi vinti si è vista annunciare il posto fisso a scuola, esattamente un mese dopo essere andata in pensione. È assurdo, che dopo aver svolto per vent’anni supplenze annuali in tutte le scuole superiori della provincia di Pistoia ha saputo solo ora che da settembre avrebbe ottenuto il posto fisso sulla sua cattedra di insegnamento a Massa. L’ex-insegnante dopo aver dedicato la sua vita alla scuola, non ha ricevuto altrettanto e ha tutti i motivi per sentirsi presa in giro. “Ma si rende conto? Ho avuto il ruolo quando ero già in pensione”, queste sono le parole della professoressa Paola Fortunati, da cui si percepisce tutta la sua amarezza per un sistema scolastico che fa acqua da tutte le parti. E poi continua: “Mi sento beffata e mi dispiace per i giovani che iniziano adesso e non hanno la certezza della sistemazione della loro carriera”.

“E’ sconcertante ottenere il ruolo dopo essere andata in pensione – racconta Paola Fortunati con sarcasmo – Ho vinto ben due concorsi, quello del 2016 e quello del 2018 ma per via dei genitori anziani, non potevo spostarmi fuori dalla provincia così chi invece poteva, naturalmente, ha ottenuto il ruolo più velocemente di me. I posti che vengono assegnati in queste settimane dovevano essere dati lo scorso anno. Nel frattempo, però ho raggiunto l’età pensionabile e quindi sono stata messa a riposo appena compiuti gli anni. Per una manciata di mesi non sono riuscita a firmare quel benedetto contratto a tempo indeterminato». Purtroppo, oltre alla delusione personale, c’è da considerare anche il danno economico arrecatole, in quanto se avesse ottenuto la meritata qualifica per tempo, avrebbe potuto godere di un differente trattamento pensionistico.

Si configura un danno da “perdita di chance”

È questa la questione che invita a una riflessione. Avere tutte le carte in regola per i riconoscimenti dovuti dopo anni di sacrificio e poi non riuscire a ottenerli a causa di per un sistema che non funziona, non è certo facile da accettare. “C’è una grande differenza tra la legge scritta e quella applicata dagli uomini” – direbbe ora ai suoi ragazzi la professoressa di diritto – “per me si è trasformata in un paradosso, ma il mio è solo uno dei tanti casi di un sistema che purtroppo non funziona“.