Codiglia (OGS): “La mia missione in Antartide: come il clima impatta sui Poli”

L'intervista a Riccardo Codiglia (Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS) sulla missione in Antartide per studiare quanto i cambiamenti climatici impattino sulla "salute" dei Poli

L'ingegnere Riccardo Codiglia. Tutte le foto sono copyright @OGS_IT

Lo scorso 6 dicembre la rompighiaccio Laura Bassi, unica nave italiana per la ricerca oceanografica in grado di navigare nei mari polari, è partita dal porto di Lyttelton a Christchurch, in Nuova Zelanda, con una meta ben precisa: l’Antartide. E, nello specifico: la Stazione italiana Mario Zucchelli.

La stazione è operativa durante i mesi primaverili ed estivi dell’emisfero australe (ottobre – febbraio) e rappresenta l’asse funzionale di tutte le attività di ricerca scientifica italiana in Antartide (o PNRA, il Programma Nazionale Ricerche in Antartide). E’ inoltre base di supporto per la Laura Bassi stessa – e punto di partenza delle traverse (attraversate logistiche del continente antartico, su mezzi cingolati, per il trasporto di materiali pesanti) e di coordinamenti dei campi remoti di rilevamento italiani.

La Stazione italiana Mario Zucchelli in Antartide

L’Antartide: un continente ancora intatto

L’Antartide è il continente situato nell’emisfero australe della Terra opposto all’Artide. E’ il quarto continente più vasto della Terra dopo Asia, America e Africa, con circa 14 milioni di km². Il 98% del territorio è coperto dai ghiacci della calotta antartica, il cui spessore medio è di 1600 metri, che lo rendono anche il continente più freddo e inospitale del Pianeta. Nonché l’unico non antropizzato. Per questo (ed altri motivi) è al centro di numerosi programmi di ricerca, compresi quelli italiani.

La nave Laura Bassi e la ricerca oceanografica

La nave oceanografica antartica Laura Bassi è ad oggi l’unica nave italiana rompighiaccio per la ricerca oceanografica ed è gestita da un Direttivo Tecnico Operativo composto da rappresentanti di OGS, CNR, ENEA e MUR. E’ di proprietà dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) con il supporto del CNR per l’acquisto di strumentazioni per un valore di circa 5 milioni di euro, recuperati grazie ai fondi residui del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide.

Al momento è anche la prima e unica nave battente bandiera italiana in grado di operare in mari polari, sia in Antartide sia in Artico, conforme alle nuove regole internazionali per l’accesso delle navi alle aree polari che regolano molti aspetti tecnici che possono impattare sulla navigazione in un ambiente remoto, difficile, dalle condizioni meteorologiche particolarmente gravose e molto vulnerabile. Il “Polar Code“, abbreviazione di International Code for Ships Operating in Polar Waters, è entrato in vigore il 1° gennaio 2017.

Nel corso della campagna estiva in Antartico sono stati condotti oltre 50 progetti di ricerca su temi quali le scienze della vita, della terra, dell’atmosfera e dello spazio. I dati raccolti in Antartide saranno elaborati nei prossimi mesi presso i laboratori italiani che hanno preso parte ai progetti.

Hanno partecipato a questa spedizione 220 persone tra ricercatori e tecnici. Poiché, a causa della pandemia, non è stato possibile svolgere i consueti corsi di formazione per il personale neofita, tutti i partecipanti sono stati scelti tra il personale veterano.

Tra questi, l’ingegnere navale Riccardo Codiglia, tecnologo dell’OGS, geofisico e responsabile Tecnico della nave Laura Bassi, da poco rientrato a Trieste (sua città natale) dopo mesi sulla rompighiaccio. Ci siamo fatti raccontare per InTerris.it come si vive per un lungo periodo all’interno di una nave rompighiaccio, qual è l’impatto dei cambiamenti climatici sull’Antartico e, non ultimo, l’emozione che ha provato a brindare nel giorno di Natale in un posto a dir poco unico: il Polo Sud!

L’ing. Riccardo Codiglia @OGS_IT

L’intervista all’ingegnere Riccardo Codiglia

Qual è il suo ruolo nella Laura Bassi?
“Sono un ingegnere navale; seguo la nave dal punto di vista tecnico e ho fatto diverse missioni in Artico e tre in Antartide. Ho partecipato alla prima parte della spedizione estiva della Laura Bassi durante la quale abbiamo fatto alcuni test, la messa a mare degli strumenti e l’acquisizione scientifica dei dati, nello specifico un rilievo batimetrico – per misurare la profondità del mare – e un rilievo magnetometrico lungo le rotte prestabilite. Due idrografi della Marina Militare hanno poi completato i rilievi per produrre una carta nautica nella prossimità della base italiana Mario Zucchelli, al fine di permettere lo sbarco degli approvvigionamenti della Laura Bassi nel pack (la banchisa polare). A differenza di quanto avvenuto in passato, infatti, quest’anno c’era tanto ghiaccio e non siamo riusciti ad avvicinarci alla base situata nella baia Terra Nuova, nel Mare di Ross”.

Come il Covid ha impattato sulla sua missione?
“Molto, almeno nelle tempistiche. Infatti, per fare una campagna della durata di tre settimane siamo stati in missione tre mesi: sono partito da Trieste il 16 novembre e sono tornato il 9 di gennaio 2022. Per i marittimi è stata particolarmente dura perché, partiti da Ravenna in ottobre, in tutti questi mesi non sono mai potuti scendere dalla nave nei vari porti internazionali per il periodo di franchigia a causa delle restrizioni sanitarie”.

Qual è il contributo della Laura Bassi nella ricerca antartica?
“La nave Laura Bassi, di proprietà dell’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (OGS), è l’unica imbarcazione italiana in grado di operare in mari polari. Ha capacità di cargo ed è stata acquistata da OGS per essere impiegata nella logistica dei trasporti. L’altro aspetto importante della nave è quello scientifico. Dà infatti un contributo importante nella ricerca antartica grazie alle strumentazioni che sono state montate a bordo la scorsa estate. Nello specifico, mi riferisco alla nuovissima strumentazione acustica. OGS ha fatto un grande investimento, intorno ai 5 milioni di euro, per la nuova strumentazione. Al momento dell’acquisto, la nave era sprovvista di strumenti moderni ma era predisposta all’istallazione sullo scafo di strumentazioni di tipo prevalentemente acustico”.

A cosa servono queste strumentazioni?
“Servono a fare delle indagini geofisiche per scandagliare i fondali marini e produrre carte bati-morfologiche. Ma anche per i rilievi sismici che interessano la parte sottostante il fondale marino, e non il fondale stesso. Inoltre, si studia l’oceanografia, vale a dire tutta la colonna d’acqua marina, grazie a degli ecoscandagli a multi frequenza. Questi individuano le biomasse presenti nell’acqua e permettono di studiare le correnti”.

Con quali finalità vengono effettuati tali studi?
“Ci sono tantissime finalità. La prima, grazie ai rilievi batimetrici, è quella di redigere carte nautiche precise ed aggiornate. Il mare di Ross, ad esempio, è in gran parte inesplorato. Paradossalmente è un mare molto trafficato per motivi scientifici, ma poco noto. I rilievi batimetrici, che evidenziano la morfologia del fondo marino, permettono di capire l’evoluzione dell’Antartide, come è cambiata nel tempo. E’ stato possibile vedere delle strisciate lasciate dagli iceberg che negli anni si sono staccati dal Polo Sud”.

Qual è, dal punto di vista dello studio dei cambiamenti climatici, l’importanza della missione OGS?
“Ci sono due aspetti rilevanti. Il primo: quello di essere presenti, e quindi avere un peso decisionale, sul trattato antartico, detto anche trattato di Washington. Questo significa essere tra quei Paesi [53 in tutto, ndr] che decidono come e cosa studiare su quella parte specifica del Pianeta adibita a soli fini scientifici. Ricordo infatti che lo sfruttamento a fini economici è attualmente vietato in tutto l’Antartide. Il secondo aspetto è proprio la rilevanza scientifica. Il continente Antartico è uno dei più antichi ed è l’unico incontaminato. Ha delle peculiarità climatiche ed ambientali che è possibile trovare solo lì. Per questo le rilevazioni scientifiche che vengono svolte sono fondamentali per capire meglio come funziona e come si evolve il nostro Pianeta”.

I poli sono considerati il “tallone di Achille del cambiamento climatico globale”, perché? 
“Perché il generale aumento della temperatura e la conseguente progressiva fusione dei ghiacci polari hanno una forte influenza sulla circolazione oceanica globale, sulla capacità della terra di riflettere calore verso lo spazio e sull’innalzamento del livello del mare. Pertanto, il futuro delle popolazioni costiere di tutto il pianeta dipende anche dalla capacità del mondo della ricerca di capire e predire i meccanismi di reazione delle calotte glaciali al cambiamento climatico in atto”.

La rompighiaccio Laura Bassi @OGS_IT

Lei fa missioni ai poli da anni. Da allora, ha notato dei cambiamenti?
“I cambiamenti ai poli ci sono stati e continuano ad esserci. Ma io personalmente non li ho potuti notare in modo evidente perché ho fatto la mia prima missione nel 2007, dunque troppo poco tempo fa perché io potessi notare qualcosa di sostanziale. Ci sono delle fluttuazioni con estati molto calde, ma sono tendenze con inversione. Inoltre, io ho viaggiato in mesi diversi e il paesaggio del Mare di Ross cambia drasticamente in breve tempo: si passa infatti dalla copertura di ghiaccio per centinaia di miglia di dicembre al nulla di gennaio o febbraio perché il ghiaccio si è già sciolto tutto. Le mie percezioni personali comunque non cambiano l’evidenza scientifica del progressivo scioglimento dei ghiacci dovuto al riscaldamento globale”.

Lei ha passato Natale e Capodanno sulla Laura Bassi. Era previsto così o si sono allungati i tempi a causa del Covid?
“Era previsto che passassi le festività al Polo Sud. Ciò che non era previsto era la fortissima burrasca che ha colpito la nave e l’equipaggio il 31 dicembre facendoci saltare il cenone di capodanno. Con la nave che si muoveva e beccheggiava fortissimo, in pochi avevano ancora lo stomaco per mangiare qualcosa! Abbiamo recuperato con il ‘pranzone’ del 1 dell’anno, fortunatamente in concomitanza con il cenone di Capodanno in Italia. Infatti, l’Italia è esattamente 12 ore indietro rispetto all’Antartide e questo ci ha permesso di festeggiare il nuovo anno sincronizzati con l’altra parte del Globo”.

Come ha passato il Natale?
“Il Natale è stato davvero speciale perché lo abbiamo festeggiato sulla banchisa: abbiamo fatto un brindisi sul ghiaccio del pack! Siamo stati fortunati: anche se eravamo in Antartide, le temperature erano relativamente miti. A dicembre al Polo Sud è estate e se non soffia il vento – che è sempre particolarmente gelido – il termometro si aggira sui 5 o 6 gradi sotto zero. Più che sopportabile, considerando che in inverno si arriva anche a 50 gradi sotto zero! Noi abbiamo trovato il sole e un cielo pulito e terso: non nevica quasi mai in questo periodo. Insomma, abbiamo trascorso il Natale al Polo Sud al sole, con giornate splendide che duravano 24 ore: infatti a dicembre il sole non tramonta mai!”.

Il brindisi di Natale in Antartide @OGS_IT

Cosa le ha lascito, in conclusione, questa grande esperienza?
“L’esperienza è stata davvero affascinante sia dal punto di vista professionale che personale. Stare chiusi in una ‘scatola galleggiante’ per mesi con poche persone (anche se non pochissime, in alcuni momenti siamo arrivati ad essere in 80…) lontanissimi dal mondo e dalle rispettive famiglie è un’esperienza arricchente. Anche a volte difficile, come lo è stata la burrasca in mezzo al nulla di capodanno. Mi ha fatto capire quanto la Natura sia grande e forte rispetto all’uomo. Un aspetto che l’umanità, per il suo stesso bene, non dovrebbe mai dimenticare”.