Daniela Poggi: “Abbiamo costruito una società indifferente agli invisibili”

Nota attrice teatrale e televisiva, Daniela Poggi è sul palcoscenico da oltre 40 anni, ma la notorietà non le fa dimenticare i poveri della società

Ballerina, cantante, conduttrice, premiata attrice teatrale e televisiva. Daniela Poggi è al centro del palcoscenico italiano – non solo teatrale – da oltre 40 anni. Una carriera artistica particolarmente ricca che tocca tutte le principali forme dello spettacolo. Ma la notorietà, i premi, le luci della ribalta…non l’hanno allontanata dalla sue radici e, come risulta chiaro dalle parole e dai ricordi rilasciati a In Terris, neppure dalla sua umanità. Non ha mai infatti smesso di connettersi col mondo reale, quello lontano dallo sbrilluccichio delle paillettes, fatto invece di povertà, fame, emarginazione.

Dalla canzone alla recitazione

Nata a Savona da padre mercante d’arte e madre estetista, Daniela Poggi comincia ad appassionarsi al mondo dello spettacolo lavorando come animatrice in un villaggio turistico a Djerba, in Tunisia. Nel 1977 inizia ufficialmente la sua carriera: è conduttrice di un programma su una rete locale di Milano. Successivamente, diventa speaker del telegiornale di “TeleMilano”.In pochi sanno che nel 1977 ha partecipato come ballerina al Festival di Sanremo durante l’esibizione dei Matia Bazar. Due anni dopo è la soubrette de “La sberla“, varietà trasmesso su Rete 1. Debutta a teatro nel 1978 con Walter Chiari in “Hai mai provato nell’acqua calda?“. Lavora con Pietro Garinei, Mario Scarpetta e tanti altri, dividendosi tra cinema e televisione. Sono tantissime le fiction e serie tv che la vedono protagonista: da “Voglia di volare” con Gianni Morandi, “Incantesimo”, “Una donna per amico”, “La ragnatela”, “Il coraggio di Anna”, “Vento di ponente”, “Il maresciallo Rocca”, “Nebbie e delitti”, “Capri 2”, “Io e mio figlio – Nuove storie per il commissario Vivaldi” . La recitazione resta ad oggi la sua più grande passione. E’ anche autrice di uno spettacolo teatrale “Io madre di mia madre” dedicato alla madre malata scomparsa. Nel corso della sua carriera ha diretto anche due cortometraggi: Viaggio d’amore (1995) e Non si paga social theatre (2007). Come cantante, ha all’attivo il 45 giri del 1985 “Cielo/Break up” (Polydor), sigla Italo disco del programma Shaker Shaker, e il 33 giri “Donna speciale” (Video Star) del 1988.

L’Esodo

Nel 2017 è l’attrice protagonista del toccante film L’esodo, diretto da Ciro Formisano, in cui interpreta il ruolo di una “esodata“. Il lungometraggio – si legge nella scheda di Mymovies – narra la storia di una donna di 59 anni, Francesca, che è una dei 390mila lavoratori che la riforma Fornero ha lasciato a casa in attesa di un’età pensionabile innalzata all’ultimo minuto, creando un limbo in cui persone che avevano lavorato per tutta la vita si sono viste prive di un reddito e di un meritato riposo. La situazione di Francesca è particolarmente delicata perché vive sola con una nipote 16enne che non capisce le difficoltà economiche in cui è precipitata la nonna e gliene addossa interamente la colpa. Quando Francesca si ritrova a chiedere l’elemosina sotto i portici di Piazza Repubblica, con il suo abbigliamento da signora bene e il suo sorriso da persona onesta, le reazioni della gente verso di lei sono le più disparate, e la donna fa esperienza tanto della vergogna della propria condizione quanto della natura ambivalente degli altri davanti a chi ha bisogno.
Nella 58ª edizione del Globo D’oro 2018 ha vinto il Gran Premio Della Stampa Estera e alla 73ª edizione dei Nastri D’Argento 2018 è stato candidato come miglior soggetto. Apprezzatissima dalla critica l’interpretazione di Francesca di Daniela Poggi, che le ha valso una lunga serie di premi come attrice protagonista, tra i quali spicca il Globo d’Oro 2018.

La trama

La realizzazione del film é stata per Daniela un momento molto toccante, che le ha fatto sperimentare in prima persona cosa significa essere invisibile in una società ricca e opulenta, dove molti hanno tutto (o abbastanza), ma alcuni non hanno nulla e dipendono dalla carità e dal buon cuore del prossimo. Nella trama del film, ci sono personaggi che dinanzi ad una donna matura che chiede l’elemosina in ginocchio, ben vestita, si fermano e chiedono spiegazione o danno il loro sostegno, magari solo con un sorriso.

La crudezza dell’indifferenza

Ma la realtà è stata ben più cruda. Le scene del film sono state girate come se si trattasse di un reality o un documentario, con le telecamere nascoste dietro le colonne, per dare un senso di realtà alla storia. Daniela è così diventata un’invisibile per davvero, almeno agli occhi dei passanti. Ha così vissuto in prima persona la reale reazione della gente davanti ai poveri. Una reazione tutt’altro che caritatevole, come lei stessa ci racconta in esclusiva per In Terris, in una bella chiacchierata a tutto tondo con la giornalista Milena Castigli.

Invisibile

“Nel girare le scene de L’esodo – esordisce Daniela Poggi – ho capito quanto la povertà dia fastidio alla gente. Stando in ginocchio, col volto rivolto in basso, ti rendi conto di quanto tu non sia neppure vista dalle persone che ti passano accanto: invisibile, nel vero senso della parola. Addirittura, alcuni mi venivano addosso, urtandomi o facendo cadere i barattoli delle monetine senza rendersene neppure conto. La maggior parte delle persone che ho visto sotto i portici, cammina con le cuffiette, o guardando lo schermo di un cellulare, senza notare dove mette i piedi. Persone non relazionate con l’esterno. Soprattutto, non sono relazionate con gli altri esseri umani”.

Ascolta le parole della stessa Daniela Poggi sulla sua esperienza sotto i Portici:

 

Fredda indifferenza

L’aspetto che più ha amareggiato Daniela è stata la fredda indifferenza, gelida come il marmo sul quale stava in ginocchio supplicando aiuto e comprensione. “Nessuno – rileva con amarezza – si è mai fermato per chiedere il cartello ‘Esodata’ cosa significasse, o per sapere chi io fossi, se avevo bisogno di aiuto o semplicemente per dire come stavo”. Tanti anni sul palcoscenico, di fronte a un pubblico plaudente, fino all’esperienza dolorosa dell’indifferenza. Per passare dalle luci della ribalta all’invisibilità é bastato dunque molto poco: un cartello con su scritto “esodata”, vale a dire “povera”. Un’esperienza che non poteva non toccare le corde più profonde dell’anima di Daniela per la quale – sia per educazione familiare, sia per i tanti viaggi fatti all’estero – gli invisibili sono sempre stati…visibili. Tanto che, nel maggio del 2001, è stata nominata ambasciatrice dell’Unicef e ha partecipato a diverse missioni per aiutare i bambini africani, toccando con mano l’estrema povertà del continente (paradossalmente) più ricco del mondo.

Povertà

“Girare il ruolo di Francesca, un’esodata che chiede aiuto per sé e per la nipote, ha ridimensionato l’immagine (forse un po’ irenica) che avevo dell’umanità. Ho capito quanto l’essere poveri sia sgradevole agli occhi dei ‘normali‘: nessuno vuole vedere o relazionarsi con il diverso da sé. Perché nessuno vuole toccare con mano la propria eventuale povertà interiore. Fin quando hai successo sei osannata. Ma essere in ginocchio in questa società del profitto significa non contare nulla. Perdi la tua identità e diventi ‘nessuno’ perché non produci benessere. Sperimentare sulla mia pelle il senso di rifiuto mi ha ferita molto”.

Daniela Poggi interpreta Francesca in una scena de “L’Esodo”

L’inutilità dell’apparenza

“Abbiamo costruito una società che è indifferente agli invisibili, a persone che sono parte integrante della nostra società”. Per uscirne l’unico modo è riprendere contatto con la realtà che ci circonda: guardare con gli occhi della mente e del cuore aperti a 360 gradi. Bisogna inoltre prendere consapevolezza dell’inutilità di giudicare le persone per il loro prestigio sociale: nasciamo tutti allo stesso modo e non c’è dubbio che – chi prima, chi dopo – tutti moriamo”.

La centralità delle relazioni umane

“E quando moriremo – rimarca Daniela Poggi – non ci porteremo dietro tutto quello che abbiamo guadagnato nella vita: soldi, lavoro, carriera...ma resteranno ‘vive’ soltanto le relazioni che abbiamo costruito con gli altri. Non solo quelle di amicizie e di amore verso chi ci sta vicino, ma anche con il resto del mondo, nella sua globalità. Perciò, anche verso chi vive in Africa o India, chi vive sopra o sotto il piano di casa nostra, chi vive all’angolo delle strade o sotto i ponti. Soltanto nella relazione con l’altro noi esistiamo“.