Charlie, persa anche l’ultima battaglia: “Non può morire a casa”

Per Chris e Connie, genitori del piccolo Charlie Gard, quella giunta quest’oggi è una notizia dal sapore agrodolce. Loro figlio non potrà morire a casa, come avevano richiesto, ma in una clinica privata. La sentenza del giudice Nicholas Francis è giunta nella stessa aula della Corte Suprema britannica in cui la coppia ha versato lacrime nei giorni scorsi, teatro della disputa con i medici del Great Ormond Street Hospital.

La “resa” dei genitori

Lunedì Chris e Connie avevano abbandonato i tentativi di convincere le toghe a lasciar andare Charlie negli Stati Uniti per calcare la strada disperata di una terapia sperimentale. La dura decisione, che la coppia ha definito “la cosa più difficile che abbiamo mai dovuto fare”, è seguita a un contenzioso legale durato cinque mesi.

La nuova battaglia legale

La mamma e il papà avevano allora occupato un’altra barricata legale, stavolta per concedere al bambino di poter passare le ultime ore di vita a casa. A questa ipotesi si è opposto però l’ospedale, ritenendo che il trasferimento potrebbe procurare sofferenze al piccolo paziente.

Nell’udienza di oggi – a cui era presente la mamma Connie e non il papà, rimasto al capezzale del figlio – si è deciso che Charlie potrà morire in una clinica privata, ma non a casa.

Sì al trasferimento in una clinica privata

Il giudice Francis ha precisato che i genitori di Charlie “accettano che il Gosh o la clinica siano le uniche due opzioni” e che il nome della clinica in cui verrà trasferito il piccolo “rimarrà segreto ora e durante la sua eventuale permanenza”. Non si sa quando avverrà lo spegnimento dei macchinari, alcuni ipotizzano ad inizio della prossima settimana.

La giornata di oggi

In aula oggi ha preso subito la parola Grant Amstrong, avvocato dei genitori. Egli ha spiegato che si sarebbe potuto assicurare la presenza di personale sanitario per assistere Charlie tra le mura domestiche, sottolineando che un medico privato e alcune infermiere del Gosh si sarebbero offerte volontarie.

Il legale ha inoltre detto che un’azienda privata sarebbe stata disponibile a fornire un ventilatore necessario al bambino da poter utilizzare a casa. “Crediamo si possano soddisfare le esigenze di cura in un ambiente domestico”, le parole di Amstrong. Argomentazioni che non hanno però convinto il giudice Francis.